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Dal Palazzo d'Inverno all'Isola dei Famosi, dal balcone al predellino di Piazza San Babila. Ipotesi sui politici che verranno

di Luca Mori / scritto il 25-04-2009

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Con il congresso di fine marzo 2009 è giunta a conclusione una parabola politica innescata il 18 novembre 2007 dall’ennesimo gesto insieme profetico e fondativo di Silvio Berlusconi: questi, com’è noto, dal predellino di un auto di lusso, tra la gente ammirata, annunciava in piazza San Babila la nascita di un “Partito della libertà” e la fine dell’epoca di Forza Italia: Fini e Casini commentarono all’unisono che, con quell’uscita, si era ormai arrivati alle «comiche finali». I quotidiani raccontavano in quei giorni di un Fini contrariato come non mai, mentre anche sul sito di Forza Italia non era semplice gestire l’imbarazzante novità e trovare un modo non contraddittorio per annunciare il destino del Partito e spiegare al tempo stesso la sua permanenza e le sue relazioni con gli alleati recalcitranti. Tuttavia, nel giro di 16 mesi, un congresso allestito come uno show ha sancito la nascita del “Popolo della libertà”, confermando che la logica dello spettacolo funziona esasperando e dissolvendo ogni conflitto (e perciò lasciando effettivamente inaccessibile ogni conflitto, dando l’impressione di sollevarlo e di prenderlo effettivamente di petto, ma in realtà impedendone la formulazione e disabituando all’idea che un’accessibilità possa darsi).

Se nell’ambito che, con categorie ottocentesche, definiremo per intenderci destrorso, si è passati dal balcone al predellino e da una piazza romana a una milanese, producendo un fenomeno inedito e incomprensibile con le categorie del passato, cosa succede sul versante sinistrorso? Prendendo atto di quanto emerso dall’incontro nazionale del PRC, il 29 marzo 2009 Ferrero sottolinea nel suo blog la necessità di «proporre una critica dell’economia politica ma anche una critica della politica come attività separata». E, coerentemente, indirizza verso «una pratica politica credibile, vissuta come propria da quelle masse popolari a cui facciamo riferimento». A questo punto, tuttavia, è inevitabile ricordare una dichiarazione di quattro mesi prima (riportata da AdnKronos il 25/11/2008), quando lo stesso Ferrero indicava in Vladimir Luxuria, uscita vincitrice dal nobile e nobilitante agone de l’Isola dei Famosi, un «modello antropologico molto positivo», con una valenza politica «nel senso di costume, di apertura mentale, di modelli umani». Ed è inevitabile associare queste dichiarazioni alla parabola di Vladimir, che andò sull’isola dichiarando di voler «parlare di problemi sociali e politici» e ne uscì con il tanga di Valeria Marini a raccogliere i capelli, commossa abbracciando la regina dei reality, la Simona Ventura a cui anche Liberazione tributò omaggio e ringraziamenti.
Perché, stando a Liberazione, l’Isola ha consentito di poter dire che Vladimir è un po’ come Obama. Commentando la sua vittoria, anche Luxuria sostiene che quanto accaduto testimonia che gli «Italiani sono più avanti rispetto a molti personaggi politici». E mentre Ferrero si dichiarava pronto a candidarla alle elezioni europee, il 26 novembre 2008 in prima pagina di Liberazione Luxuria assicurava: «No, non userò in politica il consenso conquistato in Tv». E l’articolo di Boris Sollazzo iniziava mettendo subito in evidenza «la fame selvaggia che [Luxuria] ha sopportato in questa sesta edizione del reality meglio persino degli sportivi professasti, mantenendo una freschezza mentale e fisica impressionante […]».

Tralasciamo altre celebrazioni di chi vide nella vittoria in un reality show, e nell’uscirne con i tanga di Valeria Marini sul capo, un esempio di come si dovrebbero «rompere schemi e moralismi»; e tralasciamo anche la campagna proseguita su Liberazione fino a dicembre, quando sembrava (e Sansonetti lo sottolineava) che ora Vladimir Luxuria stesse davvero diventando un punto di riferimento per tante persone in situazioni di disagio, a iniziare dagli ergastolani che le chiedevano consolazione e aiuto. È interessante notare come la mitologia della liberazione, non trovando più un Palazzo d’Inverno in cui fare incursione, si trasferisca nel “Palazzo dello spettacolo”, in cui tutti e nessuno sono uguali, in cui ogni conflitto può essere esasperato e rimosso senza un senso.

Se le mitologie della liberazione si trasferiscono dalla presa del Palazzo d’Inverno alla “conquista” dell’Isola dei Famosi , che politici verranno? E quale idea di emancipazione è ancora praticabile? Da dove, verso dove?

Nessun conflitto, nel Palazzo dello spettacolo e nel territorio che esso domina, può essere veramente esposto e affrontato: può solo degenerare e tradursi in sfoghi momentanei, violenti, ma non sembra poter trovare articolazione ed espressione politica. Per ora. Non sono certo sufficienti i collage elettorali costituiti in vista di soglie di sbarramento e l’associazione del termine “sinistra” al termine “libertà”, inteso in senso prevalentemente negativo, come libertà da: libertà dall’ingiustizia, dalla precarietà, ecc. Certo, ma libertà di fare cosa? Rispondere la domanda, in realtà, è persino troppo facile: «riforma ecologica dell’economia», si legge nel programma di Sinistra e libertà; e ancora, un «nuovo modello sociale, ambientale, tecnologico», assieme a «democrazia, diritti civili, diritti sociali». Del resto il fattore ecologico funziona molto anche nel marketing: recentemente, sfogliando una rivista ho notato che il riferimento all’ecologia ricorreva in 5 messaggi pubblicitari, relativi a una marca d’automobili e a una di tè, a una linea di vestiti e a una di scarpe, e a un’altra tipologia di prodotto che non ricordo.

Parole come slogan e abbozzi di programma sono facili da comporre. Dire cosa si vorrebbe opporre a qualcos’altro è facile. Il problema ormai non è però soltanto dire cosa si vorrebbe fare, cosa si vorrebbe essere liberi di fare: la differenza, nel Palazzo dello spettacolo e nel regno che questo controlla, sta molto anche nel come. Se non si prende seriamente in considerazione una domanda sul «nuovo come», i politici che verranno, a destra e a sinistra, resteranno tutti variopinti abitanti del Palazzo dello spettacolo, impegnati in collage di simboli e di personaggi riciclati. Ma, almeno in questo caso, riciclare non è l’opzione migliore.