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Auto-elevazione semantica e conflitto

di Luca Mori (Aprile 2006)

Consideriamo il conflitto come «proprietà costitutiva di ogni relazione e di ogni processo di conoscenza» (vedi U. Morelli - C. Weber, Il conflitto, nei documenti di Polemos), e chiediamoci: in che senso e perché il conflitto è costitutivo? E cosa ne consegue?

I possibili livelli descrittivi ed esplicativi sono molti, ed avanzano diverse pretese di generalità. Consideriamo alcuni esempi: in Hegel, il conflitto è logicamente ed ontologicamente costitutivo di ogni divenire, inscritto nella contraddizione costitutiva di quel "qualcosa" che è il finito, «posto col suo limite immanente come la contraddizione di se stesso, dalla quale è indirizzato e cacciato oltre a sé» [1]; in Jaspers, la "lotta" è intrinseca alla struttura e al modo d'esserci dell'esistenza singola, poiché questa non è "tutto", non è un che di "compiuto" (vedi la Psychologie der Weltanschauungen, Berlin, 1925); in Plessner, l'osservatore che osserva se stesso, che torna su se stesso (Zurückbezügliches Selbst) diventando un sé, un «Sich» [2], sperimenta nuovi livelli di conflitto, a partire dall'intersecarsi perturbante di familiarità ed estraneità nei rapporti mediati simbolicamente tra il "sé" e gli "altri", ma anche tra il "sé" e il "sé" con la propria ambiguità (Zweideutlichkeit) [3].

[1] G. W. F. Hegel, Scienza della logica, trad. it. di A. Moroni rivista da C. Cesa, Laterza, Roma-Bari 1968, p. 128.

[2] Cfr. V. Rasini, Teorie della realtà organica. Helmuth Plessner e Viktor von Weizsäcker, Edizioni Grafiche Sigem, Modena 2002, p. 105.

[3] Cfr. H. Plessner, Grenzen der Gemeinschaft. Eine Kritik des sozialen Radikalismus, trad. it. a cura di B. Accarino, I limiti della comunità. Per una critica del radicalismo sociale, Laterza, Roma-Bari 2001.

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