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Loretta Napoleoni, Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale

Il Saggiatore, 2008

Recensione di Luca Mori.


copertinaLoretta Napoleoni si occupa di economia internazionale e terrorismo. È consulente per la Bbc e la Cnn, editorialista per El Pais, Le Monde, The Guardian, collabora con La Stampa, Internazionale e D-Repubblica. Collabora, tra l’altro, con la Homeland Security statunitense e con l’International Institute for Counter-Terrorism israeliano.

Quella del contratto sociale tra individui isolati è un’astrazione che non riesce a spiegare la genesi delle relazioni di potere e dei vincoli d’obbligazione (interindividuale, intergruppale, etc.) con cui emergono le società. Affinché ci sia un contratto, una qualche forma di relazionalità sociale deve già esserci: la relazione, in questo senso, è il prius, e il contratto è una delle sue possibili forme. Storicamente, all’astrazione del contratto sociale s’è accompagnata quella dello “stato di natura”: locuzione con cui è stata denominata e pensata la condizione delle relazioni umane come doveva essere prima di ogni contrattazione esplicita. La contrattazione esplicita sarebbe la conseguenza di un calcolo strategico-razionale attraverso il quale gli individui arriverebbero a darsi delle regole, e la premessa per un’obbligazione razionalmente motivata e quindi solida a rispettare tali regole (e il sistema di autorizzazioni e di potestas che ne consegue). In base a queste condizioni, il contratto costituirebbe il momento in cui diventa possibile una legge che tutela anche i più deboli: in sua assenza, vigerebbe soltanto la legge del più forte.
Ora, il libro di Loretta Napoleoni trova, sotto la patina della “società civile” del mondo contemporaneo, uno “stato di natura”.
Nonostante l’impressione che siano state elaborate istituzioni e regole migliori nel corso dei secoli, nonostante i numerosi organismi internazionali impegnati sui più diversi fronti nella difesa dei diritti umani e della natura, nonostante l’aumento delle forme di governo formalmente definibili democratiche e nonostante l’esistenza di piattaforme mediali in cui tutto sembrerebbe più accessibile e visibile, l’esistente ordine mondiale ha un «lato oscuro», le cui proporzioni e ramificazioni estesissime il libro di Loretta Napoleoni prova a raccontare, poggiando su storie ed esempi.
L’autrice parla di una sorta di Matrix prodotta dall’«economia canaglia»: sistemi produttivi (e dunque acquisitivi e distributivi) che, con la collusione più o meno deliberata e consapevole di politici illusionisti e di organizzazioni malavitose, producono illusioni di proporzioni colossali, eppure inosservate.
Un primo esercizio di perplessità riguarda il significato del termine democrazia. Quando si comparano la democrazia greca e quella contemporanea, in genere si osserva che la prima fu una straordinaria invenzione dell’ingegno politico, tarata però da limiti significativi, come l’adozione sistematica della schiavitù e la limitazione della cittadinanza.
Limitiamoci al caso della schiavitù: Loretta Napoleoni mostra come, dopo la caduta del muro di Berlino e la “democratizzazione” dei paesi dell’ex-blocco sovietico, siano aumentate in modo considerevole le schiave del sesso impiegate nelle democrazie occidentali e non solo (in Israele ad esempio, in traffici che vedono coinvolti anche mediatori palestinesi). Quello dello sfruttamento della prostituzione è solo uno degli esempi che si potrebbero fare, perché sono numerosi i prodotti richiesti dai consumatori democratici dei paesi democratici – prodotti reali o virtuali, dalle scarpe allo pseudodenaro impiegabile nei giochi di massa on line, dai gioielli al caffè – che possono aver richiesto rapporti schiavistici di lavoro.
La domanda radicale, allora, è se quelle che denominiamo democrazie siano effettivamente una garanzia contro la schiavitù, oppure se non siano – per il modello istituzionale che hanno acquisito – una delle condizioni che consente all’economia canaglia di produrre nuove forme di schiavitù (invisibili, non esplicitamente legittimate ma di fatto alimentate dalle condotte di vita prevalenti).
Impossibile riassumere nello spazio di una recensione gli esempi e le analisi presentate nel libro: dalle merci contraffatte alla biopirateria dei “colossi biotecnologici”, dal marketing dei prodotti alimentari alle vicende degli aiuti finanziari ai paesi africani, dalla fenomenologia delle enclave tribali nelle città metropolitane allo “sfruttamento politico” della paura, dal nuovo populismo dei politici illusionisti contemporanei (tra cui compare Berlusconi come case study esemplare) alle tante “zone grigie” tra legalità e illegalità.
La parte più problematica del libro è quella relativa alla domanda circa un’uscita praticabile dalla colossale matrix di cui s’è detto. L’autrice cita Hannah Arendt e la sua fiducia nella sopravvivenza di oasi politiche: «Se Hannah Arendt ha ragione, però, il potere di vincere la battaglia è nelle nostre mani: tocca a noi, cittadini, consumatori e lavoratori. Dobbiamo impedire la morte della politica e rinegoziare il contratto sociale. Per farlo, serve la consapevolezza di vivere nel deserto allegorico della Arendt, in cui occorre cominciare a far confluire idee nuove. E la consapevolezza si ha solo con il superamento delle illusioni create dall’economia canaglia, per poter fare valere le nostre scelte e rinegoziare i termini dell’impegno politico» (p. 85).
Consapevolezza e rinegoziazione richiederebbo un nuovo spazio costituente, che al momento non appare disponibile, e cittadini capaci di accedervi. Il richiamo alla Arendt appare più come il tentativo di articolare metaforicamente una speranza, che come l’indicazione di una via praticabile. Parimenti, è una proiezione interessante, ma discutibile nel modo in cui viene tratteggiata, quella che nelle pagine finali allude alla Cina e all’Islam come soggetti destinati a produrre un nuovo contratto sociale per le relazioni politiche ed economiche internazionali: la finanza islamica ispirata alla sharia potrebbe affermarsi contro certe derive fuorilegge della globalizzazione (vietando gioco d’azzardo, prostituzione, consumo di droghe e pornografia), così come la Cina potrebbe imporre alcuni registri fondamentali delle sue grammatiche economiche e politiche.
Anche a questo proposito, Loretta Napoleoni argomenta a partire da esempi e tentativi di generalizzazione, secondo uno dei modi canonici di fare ipotesi circa il futuro. Le ipotesi discutibili di cui s’è detto s’inseriscono comunque in un libro che è da leggere e da discutere.
Con una avvertenza importante: per la quantità e il tipo di tesi che saggi come questo presentano, il lettore non dovrebbe accontentarsi di arrivare all’ultima pagina e di chiudere il libro. Almeno sui punti più rilevanti, occorrerà a lettura terminata dotarsi della pazienza di cercare riscontri. E questo sarebbe già un passo nella direzione del politicizzarsi.


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