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In bilico tra naufragio e approdo

di Luca Mori.

«In bilico tra naufragio e approdo» è il modo con cui Giuseppe Varchetta si riferisce all’io del lavoratore (in particolare, al “lavoratore della conoscenza”) nella dimensione contemporanea del rischio, dove il lavoro diventa «un viaggio-avventura dall’esito non scontato, non necessariamente solare», un viaggio «duro, difficile, ruvido, in un mare di ambiguità»; e questa «metafora del navigare da soli per mare, con la doppia e ambigua possibilità del naufragio/approdo, traduce bene la gamma di sentimenti complessi che l’io vive oggi nell’esperienza professionale» (p. 130).
Di una «metafora del navigare da soli», scrive Varchetta: questa condizione di solitudine non è però da interpretare come isolamento in senso stretto (effettivo o ideale), ma come la forma diffusa, paradossale (e per lo più sofferta) dello stare in relazione a cui è esposto il “lavoratore della conoscenza”.
Nelle interviste e nei dialoghi raccolti nelle pagine conclusive del libro emerge, ad esempio, il problema della «ricerca di comunità» nelle organizzazioni: è uno dei risvolti della “stress economy” il fatto che le relazioni intra-organizzative si strutturino spesso come collezioni di individui che non si riconoscono come “team” effettivamente collaborativi e solidali. La «ricerca di comunità» può così diventare un supplizio, se vissuta come qualcosa di imposto o di impedito (in entrambi i casi, come qualcosa di negato): questo è d’altra parte il genere di supplizio che accade dove mancano i tempi e gli spazi dell’accesso al conflitto e alla relazione effettiva, che poi sono gli spazi e i tempi in cui ogni individuo può “costruire senso” (sense-making) nella prospettiva dell’autonomia e dell’autosviluppo dipendenti (resi possibili) dalle domande e dai vincoli posti dagli altri, dalla relazione stessa, dal sistema e dall’ambiente della relazione.

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