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Una brutta aria

di Ugo Morelli / scritto il 11-12-2012

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Tira una brutta aria e ci piacerebbe che non fosse così. Vorremmo che una nuova nascita, quella di una consapevolezza non solo a parole si tramutasse in azioni a proposito dell’ambiente, del clima e, in una parola, del nostro modello di sviluppo. Ma il livello locale e quello globale in questo mostrano di andare, purtroppo, d’accordo. A Doha, in Qatar, al vertice internazionale della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico, “invece di fare un passo avanti, la comunità internazionale ha fatto un passo indietro. Non si è riusciti a trovare un accordo in grado di dare concretezza e continuità agli impegni presi a Kyoto”. Parole del ministro italiano dell’Ambiente, Corrado Clini. A livello locale la fissazione dei ragionamenti su crescita economica e occupazione non mostra di riuscire a fare il giro, per giungere a riconoscere che non vi è una contraddizione tra le due cose, ma può esservi una virtuosa consonanza. Per una realtà dove l’ambiente e il paesaggio sono stati i veri fattori di passaggio dalla povertà alla condizione attuale di benessere, non dovrebbe essere difficile impegnarsi a fare scelte concrete verso un modello di sviluppo che ponga al centro l’ambiente e il paesaggio e per quella via cerchi un’evoluzione appropriata e un’occupazione di qualità. Non vi è però nessuno che mostri di fare un effettivo salto di qualità in tale direzione. Le azioni pubbliche che hanno creato le premesse, come è giusto che sia, per procedere in quella direzione sono poco valorizzate e in non pochi casi anche ostacolate. Se poi un populismo pernicioso che rialza la testa appena possibile si fa sentire anche qui, di certo non ci si occuperà di questioni scomode che esigono cambiamenti decisivi di pensiero e di prassi. Intanto i dati sul cambiamento climatico non danno segnali di miglioramento in nessun campo, dallo scioglimento dei ghiacci, alle alluvioni, fino all’innalzamento del livello dei mari. Un rapporto pubblicato da New Scientist ci mostra con evidenza quello che sta accadendo, accanto a un problema nel problema: il fatto che la grande industria e gli interessi organizzati pagano esperti e mezzi di comunicazione per convincere l’opinione pubblica che il cambiamento climatico è un’invenzione dei cattivi, non esiste, e le innovazioni tecnologiche per la produzione di energie pulite e per il risanamento risolveranno ogni problema. Intanto all’Artico si è definitivamente interrotta la riproduzione dei ghiacci che si scioglievano in estate, e si ricostituivano durante la stagione fredda. Dal punto di vista meteorologico le ondate di caldo e le piogge intense e dilavanti si moltiplicano e diffondono. Il caldo senza precedenti dimezza o annulla i raccolti e fa scendere vistosamente la produzione di alimenti. L’anidride carbonica emessa resta solo per metà nell’atmosfera; l’altra metà resta nei mari e nel suolo: oltre una certa soglia sarà riemessa e provocherà ulteriore riscaldamento. Le emissioni continuano ad aumentare e non ci sono azioni in senso contrario. La vivibilità complessiva è a rischio e la sola possibilità è cambiare rotta. C’è qualcuno che mette a programma questi temi nelle micro e macro decisioni che ci attendono?

http://www.ugomorelli.eu/hn/250.html