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Bersani, il 'nuovo Ulivo' e la mossa rischiosa del 'significante vuoto'

di Luca Mori / scritto il 10-09-2010

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La recente lettera con cui Bersani annuncia, «dopo anni di illusione berlusconiana», una nuova «alleanza democratica» capace di reggere il peso di una legislatura costituente, merita di essere analizzata nei presupposti e nelle implicazioni che la ispirano.
La premessa attorno a cui gravitano tutte le altre è che l’Italia abbia finalmente bisogno di essere liberata e che questa liberazione debba essere intesa come una «fuoriuscita dal berlusconismo», con la grave deformazione imposta alla nostra democrazia dal populismo che lo contraddistingue. Gli altri presupposti, più o meno marcatamente esplicitati, riguardano chi sarebbe in grado di assumersi il compito di quella liberazione e come essa potrebbe realizzarsi.
Per quanto si possa essere d’accordo con l’afflato che sembra ispirare la lettera, i giudizi espressi non aggiungono granché di nuovo ai numerosi dibattiti sul nazionali e internazionali sul caso Berlusconi, mentre le intenzioni dichiarate, se fossero davvero nuove come vogliono apparire, sarebbero molto tardive e comunque esigerebbero il mea culpa di qualcuno dei così bene intenzionati sulle pesanti e colpevoli omissioni che hanno reso possibile l’accentramento del potere politico, mediatico ed economico in una sola persona.
L’augurio è che il vento della liberazione inizi ad alzarsi e che i molti che da tempo soffiano in tal senso non debbano vedere ancora una volta frustrato il loro impegno.
Il problema è che la lettera ha un punto cieco. Matteo Renzi, sindaco di Firenze, sostiene che nella proposta di un “nuovo Ulivo” non c’è nulla di nuovo e che il PD ha piuttosto bisogno di una nuova classe dirigente; di fronte a questa e ad analoghe critiche, Bersani ribatte di non aver proposto l’ennesima «ammucchiata».
Il punto cieco di cui tener conto, per andare più a fondo in questa contrapposizione interna anche al PD, è nelle righe in cui si passa dall’idea di un’alleanza costituente a quella di un «patto politico e elettorale». Possono davvero le principali «forze contrarie al berlusconismo» coalizzarsi non solo per un’impresa “costituente” e temporanea di liberazione, ma anche in vista di un’alleanza elettorale? Ripercorrendo gli ultimi quindici anni di storia politica italiana – le giravolte dei protagonisti e i collage di simboli – l’appello di Bersani sembra evocare quello che Ernesto Laclau chiama “significante vuoto”, facendone un tratto caratterizzante del populismo (proprio una faccia del populismo che qui si vuole combattere).
Si ha un significante vuoto quando visioni del mondo e interessi differenti si coalizzano contro un tiranno, sventolando la stessa bandiera di libertà pur avendo idee inconciliabili sulla gestione dell’avvenuta liberazione, oppure quando un qualche dittatore abbindola il suo seguito con simboli o slogan (libertà, impresa, sicurezza…), che sembrano avere molto contenuto, senza in realtà averne: quei simboli e quegli slogan – adottati da chi vuole conservare una posizione di dominio e da chi vuole rovesciarla – funzionano proprio per la loro genericità, che consente a ciascuno di farci rientrare ciò che si aspetta e ciò che desidera. Contenendo le differenti aspirazioni di tanti, bandiere simboli e slogan rischiano di non contenerne alcuna. Per questo, non è su quel livello che si accede allo spazio del confliggere propriamente politico tra visioni alternative, proposte con piena consapevolezza della loro parzialità.

(Luca Mori)