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Popolare, populista

di Ugo Morelli / scritto il 23-05-2011

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L’accessibilità alla conoscenza delle questioni che ci riguardano tutti, come cittadini di una società democratica, è oggi una delle principali questioni della partecipazione alle scelte e al governo della cosa pubblica. Avevamo pensato a lungo che a maggiore informazione corrispondesse più capacità di controllo partecipato e attivo, e che essere più informati significasse essere più consapevoli. Ma non avevamo tenuto conto di due cose tra le altre: la disponibilità di codici per interpretare e selezionare le informazioni; i limiti propri della razionalità e della mente umana. Per quanto riguarda la prima questione, quella dei codici per selezionare e comprendere le informazioni, oggi siamo di fronte ad una specie di “analfabetismo di secondo grado”, per cui sappiamo leggere e scrivere e siamo capaci di navigare in rete o di usare gli strumenti del web 2.0, ma non sempre abbiamo i criteri per definire vera o falsa un’informazione o una fonte delle notizie che incontriamo o ci raggiungono. Rischiamo così di essere sommersi da informazioni parziali o non attendibili e di scartare o non scegliere l’informazione che potrebbe essere importante e utile per noi. Allo stesso tempo, e siamo alla seconda questione, la nostra mente non pare essere quello “strumento” perfetto in grado di avere visioni complete dei fenomeni e di ispirare azioni ottimali e preferibili per noi; spesso ci autoinganniamo e trasformiamo in reale ciò che desideriamo o vorremmo che accadesse. Gli studi più recenti ci mostrano che non basta una dimostrazione razionale e logica di un comportamento e di una scelta inefficace o controproducente per noi, per cambiare idea o posizione. La questione della democrazia e delle scelte si sposta quindi al tema dell’accessibilità. Se si favorisce un’accessibilità significativa alle informazioni con il sostegno all’apertura di possibilità alternative, volto ad aumentare il numero delle scelte possibili e si apre al confronto fra idee e punti di vista, aumentano le capacità di decodificare le informazioni stesse e di produrre scelte appropriate. Scelte sub-ottimali, certo, in quanto sono l’esito di confronti democratici, ma che di solito sono le più appropriate. Se si monopolizza l’accessibilità , si concentrano i codici e si riduce la varietà delle informazioni e il confronto su esse, si rischia di mettere in crisi il processo di partecipazione che, combinato con il buon esercizio dell’autorità, è una delle basi della democrazia. La differenza tra la prima prospettiva, quella della buona accessibilità e della valorizzazione della varietà delle fonti, e la seconda, quella del monopolio delle fonti e della limitazione sistematica dell’accessibilità con la prevalenza di un codice di interpretazione tendenzialmente unico, è la differenza che c’è tra un modo di governare popolare e un modo di governare populista. Il modo popolare è più impegnativo per tutti e richiede responsabilità attiva; il secondo sembra più facile e comodo e, per ciò, si afferma. Il confronto tra quello che accade in questi anni e in questi giorni a livello italiano e quello che accade in Trentino e in altri sistemi locali capaci di essere luoghi di partecipazione e autonomia, ci può consentire di riflettere su cosa sia per noi più conveniente, riconoscendo che i processi partecipativi diffusi, seppur difficili, e l’influenza determinante della base popolare sulle scelte, sono uno dei tratti distintivi dell’autonomia stessa e della democrazia tout-court.

http://www.ugomorelli.eu