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Complessita' e emergenza: tra derive new age e rischi di scientismo disciplinare

Intervento alla Discussione su Riflessioni Sistemiche [info@aiems.eu; www.aiems.eu/conversazioni.html] di Ugo Morelli / scritto il 28-12-2010

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“Il pericolo è nella nettezza delle identificazioni”
[Samuel Beckett, Desiecta, 19]
La rivista on-line Riflessioni Sistemiche, fin dal principio, si è dato il compito di cercare di rimettere sulle gambe la fragile prospettiva dell’orientamento epistemologico della complessità che, dopo un’emergenza proficua e necessaria, aveva assunto e, purtroppo tuttora sconta, una deriva del tipo “tutto vero-tutto falso”, con cadute “religiose”, che rischiavano e rischiano di svilire una vera e propria necessità evolutiva della conoscenza e della ricerca. Giustamente Marcello Cini ricorda uno degli iniziatori, decisivi per noi, del riconoscimento della crisi del modo “classico” di intendere e fare la scienza, come Gregory Bateson.

Come dice con la solita, tagliente, precisione linguistica Samuel Beckett in Desiecta, 19, “Il pericolo è nella nettezza delle identificazioni”.

Di fronte al perdurante rischio di new age da un lato e di scientismo dall’altro, è sempre più necessario esigere, allo stesso tempo, il rigore del metodo della ricerca e il riconoscimento della fallibilità e della falsificabilità di ogni punto di vista. E la disciplina è “un” punto di vista, una condizione necessaria ma non sufficiente, se capisco bene il contributo di Silvano Tagliagambe, che condivido.

Perché? Perché esistono le condizioni emergenti, richiamando Varela; esistono le inedite ipotesi che nascono dai break-down disciplinari. Quei break down sono costitutivamente conflittuali e per ciò stesso generativi.

Ogni disciplina, in questo senso, vive alla temperatura della rottura dei propri confini e sperimenta l’impossibilità di conoscere senza esporsi alla perdita della propria autonomia. Se ci sono un paio di evoluzioni di punti di vista di cui ci sentiamo parte (penso alla maestria per me di Aldo Giorgio Gargani), queste sono che:

la scienza si occupa non di come è fatta la natura, ma di ciò che possiamo dire sulla natura e con la natura;

il soggetto e l’oggetto della ricerca sono distinti e però connessi circolarmente.

Le discipline, allora, non sembrano indicare alcuna dimensione del reale, in quanto la crisi di corrispondenza tra linguaggio e mondo da tempo ci segnala la convenzione provvisoria come tratto della costruzione di conoscenza.

L’autonomia di ogni disciplina si configura perciò come linguaggio di codice con una sua autonomia, il cui valore sta nella dipendenza dalle altre discipline. Il conflitto che le prospettive transdisciplinari sperimentano, ai margini dei cosmos disciplinari, può generare, per ibridazione di codici, l’intuizione di ipotesi generative e di conoscenza inedita. Né sembra bastare una posizione politically correct, come quella che propone l’interdisciplinarità. A ben vedere quanto emerge a quel livello è frutto delle emergenze ipotetiche e conoscitive inedite che attraversano le discipline. A conferma dell’indicazione di Stephen Spender: “bisogna cercare sempre e non bisogna crederci mai”.

http://www.ugomorelli.eu/

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