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La legge e la vendetta

di Antonio Castagna / scritto il 11-02-2009

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I titoli dei giornali della prima settimana di febbraio 2009, dicono che la ragazza violentata a Roma da un ragazzo reo confesso che poi è stato rilasciato e sottoposto agli arresti domiciliari, è incazzata. C'è rimasta male, ha paura, si sente tradita dallo Stato, vorrebbe farsi giustizia da sé. Anche la coppia che ha subito lo stupro da parte di cinque giovani rumeni è incazzata, perché i due complici che li hanno nascosti hanno avuto i domiciliari.
I giornalisti dicono sempre che loro si limitano a raccontare la realtà, i fatti. Che prestano attenzione ai fatti rilevanti dal punto di vista giornalistico. Quindi se piove un giorno in inverno non ne parlano, ma se piove tanto da gonfiare un fiume che rischia di straripare allagando Roma, allora la notizia diventa rilevante.
Nel caso degli arresti domiciliari al violentatore e della reazione della ragazza violentata, dov'è la notizia? Non mi sembra strano che lei stia male, che sia arrabbiata, che si senta tradita e umiliata. Non mi sembra strano che il ragazzo finisca ai domiciliari, si è consegnato, ha confessato, e dunque non sembra che ci sia pericolo di fuga o inquinamento delle prove.
Il Presidente della Camera Penale di Roma, Avv. Gian Domenico Caiazza ha dovuto prendere una posizione didascalica: “Un cittadino, fino a quel momento solo sospettato di avere commesso un infame atto di violenza sessuale contro una sventurata ragazza, si costituisce alla Autorità Giudiziaria, e confessa il crimine. Chiunque sappia di diritto, ma soprattutto chiunque abbia buon senso e sia in buona fede, sa che nei confronti di colui il quale confessa di aver commesso un reato, consegnandosi alla Giustizia, è pressoché impossibile giustificare una misura cautelare in carcere. Come potrebbe costui, infatti, inquinare le prove se ha confessato il delitto? E come potrebbe fuggire, se si è appena consegnato?”
Il compito del giudice è di applicare la legge non infliggere pene esemplari. Se il parlamento pensa che compito del giudice sia infliggere pene esemplari per determinati reati, allora bisogna cambiare la costituzione. Vogliono questo? Sarebbe il caso di parlarne esplicitamente, in questo caso.
La questione che mi preme sottolineare qui però riguarda proprio la costruzione della notizia. Non c'è nessun motivo per enfatizzare la reazione della vittima (chiunque avrebbe reagito in quel modo, specie in un contesto come quello italiano dove non sai mai fino a che punto siamo tutti uguali di fronte alla legge). E non c'è nessun motivo per enfatizzare la decisione di concedere i domiciliari, visto che è un atto che corrisponde alla legge e al mandato dei giudici.
Per una settimana però si è parlato di violenza sulle donne, evitando di affrontare i temi centrali: il rapporto degli uomini con le donne, il degrado delle città e delle periferie, l'abuso di messaggi che trasformano le donne in proprietà maschile disposte a tutto per una comparsata in tv ecc.
La non notizia che la ragazza voglia farsi giustizia da sé devia l'attenzione, crea una cornice dove la giustizia equivale a vendetta e il problema diventa il ruolo dei giudici che invece di farsi interpreti della vendetta ragionano (ecco lo scandalo) secondo la legge. Così diventiamo tutti violentatori della ragazza, con l'eccesso di attenzione a una situazione che richiederebbe silenzio, cura e amore, che aiuti a superare il trauma; e già che ci siamo violentiamo pure una civiltà giuridica.

(Antonio Castagna)