base

home/conflict now

Cerca:

Katrina e noi

di Ugo Morelli / scritto il 05-09-2005

torna indietro


Non voler affrontare i conflitti che i cambiamenti ambientali comportano vuol dire mettersi in guerra con l’ambiente. Quei cambiamenti hanno a che fare con le nostre scelte, i nostri comportamenti e le nostre azioni. Continuiamo ad avere un’idea sbagliata dell’ambiente. Pensiamo l’ambiente come qualcosa che sta là fuori, nel quale noi viviamo. Sarebbe come se pensassimo che un bambino piccolo di oggi è un bambino uguale a un suo coetaneo prima della scrittura e della televisione, più la televisione. Scrittura e televisione sarebbero solo un’aggiunta esterna alla costruzione e allo sviluppo della mente del bambino. Le cose non stanno così. Un bambino che nasce e cresce oggi è partecipe di un mondo in cui linguaggio, mente, simboli e pensieri, quell’insieme che chiamiamo semiosi, sono fatti di scrittura e di televisione. Cosicché lui è parte di quell’ambiente e a sua volta concorre a costruirlo così com’è. Nella maggior parte dei casi lo conferma, solo ogni tanto lo smentisce e cerca di cambiarlo. Lo stesso ragionamento vale per il rapporto di ognuno di noi con l’ambiente. Viviamo in un ambiente altamente e totalmente antropizzato, costruito dall’uomo. L’idea di ambiente incontaminato è un’aspettativa che si colloca tra il nostalgico e il romantico o buona per i depliant della pubblicità turistica. L’antropizzazione dell’ambiente ha raggiunto una soglia che oggi, in molti campi ci presenta la necessità di una scelta. Fino ad un certo punto l’incidenza della presenza umana è stata minima. Poi è stata tale che comunque gli equilibri alterati dalla presenza umana erano ricomponibili dai processi naturali. Successivamente e recentemente accade sempre più spesso e in più ambiti che l’alterazione degli equilibri trasformi la natura stessa dei processi ecosistemici. Il clima e i fenomeni atmosferici ne risultano profondamente perturbati. Pur non giungendo ancora a spiegazioni certe la ricerca scientifica registra fenomeni altamente inconsueti. Quei fenomeni non si inscrivono nella ciclicità climatica che c’è sempre stata. Quei fenomeni come Katrina, l’uragano del golfo del Messico, o altri simili, dipendono dai nostri comportamenti. Da quelli individuali e da quelli dei governi. I nostri comportamenti sono entrati in conflitto con l’ambiente turbando gli equilibri dell’ecosistema di cui facciamo parte. Noi continuiamo ad agire come se niente fosse e di fatto è come se ci mettessimo contro l’ambiente. Mettersi in guerra con l’ambiente è mettersi in guerra con noi stessi.
Noi siamo l’ambiente in cui viviamo e di cui facciamo parte. Possiamo fare due cose: continuare ad essere di fatto contro l’ambiente, scegliendo una via antagonistica, o deciderci ad affrontare i conflitti, le contraddizioni, che i nostri comportamenti generano. Non esiste una via facile né tantomeno indolore per fare questo. I nostri comportamenti sono consolidati e ancor di più lo sono gli interessi organizzati, spesso potentissimi. Eppure il nostro futuro, ma già il nostro presente, dipendono dal fatto che noi affrontiamo quei conflitti. Il conflitto tra respirare o continuare a circolare in automobile come facciamo adesso; il conflitto tra lo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali per produrre ancora più ricchezza monetaria o la tutela della vivibilità nei territori; il conflitto tra il riscaldamento globale o la riduzione dei nostri livelli di consumo; il conflitto tra consumo di territorio per l’ulteriore espansione degli spazi edificati e urbani o i necessari limiti a tali forme di sviluppo. Sono solo alcuni esempi. Con Katrina l’ambiente di cui siamo parte manda un segnale chiaro anche a noi che viviamo in un ecosistema locale fragile e al limite dello sviluppo.

(Ugo Morelli)