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Educare all'incertezza

di Ugo Morelli / scritto il 22-09-2011

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Incertezza, si sa, non è una parola che viviamo spontaneamente come amica. Ci richiama ansia e insicurezza, pericolo e rischio. Eppure se tutto fosse perfettamente prevedibile e se sapessimo già tutto quello che c’è da sapere, non potremmo non solo scoprire più nulla, ma non ci accorgeremmo neppure del valore della conoscenza. Il fatto è che siamo poco educati alla elaborazione dell’incertezza e ciò comporta conseguenze rilevanti per noi, per la nostra società e per il tempo in cui viviamo. Oggi ci troviamo ad Educare nell’incertezza, come recita il tema dell’incontro 2011 - 2012 di Educa, che si svolgerà a Rovereto dal 23 al 25 settembre 2011 [programma su www.educaonline.it]. Per affrontare le sfide che l’educazione si trova di fronte, la prima cosa che viene da indicare è l’importanza di educare all’incertezza. Proviamo a guardarla da vicino questa esperienza così peculiarmente umana. Basterebbe riflettere su un aspetto della nostra vita da cui dipende la nostra stessa capacità di pensare, oltre ad essere un’esperienza rivoluzionaria nel processo di crescita di ognuno di noi e della nostra specie: il camminare. Ad ogni passo noi ci esponiamo ad un punto di catastrofe. Letteralmente non siamo certi di come andrà a finire. Tra un passo e l’altro attraversiamo un punto di crisi che solo probabilmente approderà al passo successivo. Ogni volta rompiamo un equilibrio esponendoci all’incertezza, per giungere, forse, a un nuovo equilibrio, e così via. Così camminiamo, e così viviamo. Se l’incertezza è costitutiva della nostra vita, ciò non vuol dire che noi non tendiamo a conquistarci la più elevata certezza possibile in ogni cosa. La certezza e la regolarità, la prevedibilità e la continuità rassicurano. Ci sono però almeno due problemi, tra gli altri. Se applichiamo aspettative e criteri di certezza laddove non possiamo attendercela, rischiamo di scambiare la realtà con le nostre rappresentazioni, di confondere l’auspicabile con l’effettivo. L’eccesso di certezza, inoltre, tende a coincidere con il conformismo e la cosiddetta forza dell’abitudine. Siccome l’educazione è il tentativo continuo di tirar fuori da noi e dagli altri quello che ancora non esprimiamo e, soprattutto, quello che diversamente non esprimeremmo, essa è, o dovrebbe essere, una continua elaborazione dell’incertezza. Un’educazione basata sull’apprendimento e non schiacciata sull’insegnamento, capace cioè di partire dalle vie mediante le quali le menti incarnate umane apprendono nelle relazioni, trova nel conflitto delle conoscenze la sua ragion d’essere. Un conflitto che mette in tensione sia le conoscenze disponibili e quelle che ci si parano innanzi, sia quelle consolidate nelle teorie, con l’incertezza delle ipotesi innovative. L’educazione dovrebbe alimentare la capacità di supporre, mentre si basa sulla tendenza a proporre. Solo in questo modo l’educazione può orientarsi alla valorizzazione della creatività e alla pratica della libertà, come il programma di Educa propone. Creare, per noi esseri umani, non è scardinare l’incertezza o l’espressione misteriosa di geni particolarmente eccezionali. L’obiettivo è lo sviluppo delle capacità di elaborare l’incertezza e farla lavorare in noi in modi il più possibile generativi e creativi. Che ci siano persone geniali è un fatto interessante, ma ancor più interessante è riconoscere che noi esseri umani siamo una specie naturalmente creativa. Dal momento in cui, nel percorso evolutivo, la specie umana è giunta alla coscienza simbolica, a quella capacità che permette a me di scrivere riflettendo su cosa sto scrivendo e a voi che leggete di criticare quello che state leggendo, per noi una cosa, qualsiasi cosa, non è più stata solo la “cosa in sé”, ma il suo significato. La ricerca del significato, per dirla con un grande studioso quale Jerome Bruner, è divenuta un tratto distintivo della specie. Persino quando eseguiamo una regola, per eseguirla noi la ricreiamo attribuendole il significato che assume per noi, e in base a quel significato la metteremo o meno in pratica. Le componenti routinarie dei nostri comportamenti, le applicazioni di conoscenza tacita insomma, non fanno che confermare la rilevanza e la differenza dei nostri tratti distintivi naturalmente creativi. La creatività può essere, quindi, intesa come un processo di composizione e ricomposizione almeno in parte originale di repertori disponibili. Ad essere coinvolti nei processi creativi sono, in particolare, l’immaginazione e le relazioni che la sostengono; l’affettività e la possibilità di elaborazione delle emozioni; la connessione inestricabile tra cognizione e emozioni. L’incontro di Educa si propone come un laboratorio per confrontarsi sui molteplici aspetti del rapporto tra educazione, creatività e incertezza. I contenuti della fitta rete di incontri e la varietà delle iniziative sono un’autentica occasione di civiltà in un tempo che ha bisogno di un ruolo inedito e decisivo dell’educazione. In questo tempo, purtroppo, si trascura l’educazione, la ricerca e l’impegno per l’innovazione. L’educazione può configurarsi come condizione e via privilegiata per sostenere gli apprendimenti e l’emancipazione individuale e sociale, fattori appropriati e necessari per vivere oggi nella civiltà planetaria.

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