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Tullio Pericoli, Attraverso l’albero. Una piccola storia dell’arte, Adelphi, Milano 2012

Recensione di Luca Mori.


Il libro raccoglie 29 disegni di altrettanti alberi, eseguiti da Tullio Pericoli come se fossero realizzati dalla mano di altri artisti.
Sfogliando la piccola storia dell’arte proposta in modo così insolito, incontriamo l’albero di Giotto, che compare in copertina e, a seguire, quelli di Paolo Uccello, Mantegna, Bellini, Botticelli, Bosch, Leonardo, Piero di Cosimo, Lucas Cranach il Vecchio, Altdorfer, Bruegel, Poussin, Hokusai, Friedrich, Turner, Cézanne, Henri Rousseau, Gauguin, van Gogh, Seurat, Klimt, Matisse, Mondrian, Klee, Léger, Picasso, de Chirico, Magritte e Steinberg.
La tavola da cui sono tratti i disegni è stata ispirata dal racconto di Jean Giono, L’uomo che piantava gli alberi: la nuova edizione pubblicata da Salani ne riporta una stampa.
Se la tavola pubblicata nel libro Salani permette di godere l’impressione d’insieme del lavoro originale, paragonabile alla visione di un inedito giardino dove mani differenti in epoche vicine e distanti – come paesaggi mentali diversi – hanno prodotto alberi di specie diverse, nel piccolo libro Adelphi si apprezzano meglio i dettagli dei disegni.
L’effetto cognitivo ed estetico del lavoro di Pericoli fa pensare ad un episodio del Viaggio in Italia di Goethe, accaduto a Palermo e annotato al 17 aprile 1787: «[...] Stamane mi ero recato al giardino pubblico col fermo proposito di cullarmi tranquillamente nei miei sogni di poesia, quando, senza che me ne accorgessi, mi vidi assalito da un altro fantasma, che mi assediava già da alcuni giorni. Le molte piante, che ero abituato a vedere solo nelle casse e nei vasi, e per la maggior parte dell’anno solo nelle serre, qui allignano vegete e fresche all’aria aperta; per cui, conformandosi pienamente al loro destino, ci diventano anche più intelligibili».
Goethe proseguiva descrivendo l’allucinazione prodotta dal vedere «tante forme nuove e rinnovellate» tutte insieme: mentre vedeva insieme le forme abitualmente isolate, gli si ripresentò la sua antica fantasia di una Urpflanze, di una pianta originaria. Tale immagine congetturale non si affacciava alla mente perché voluta, ma come assediandola. Era per così dire evocata dalla scena ricca di forme dispiegate davanti agli occhi del poeta-naturalista. C’è un’impressione d’insieme, consistente e tuttavia sfuggente, che assedia anche chi guarda gli alberi di Pericoli: qui il giardino è quello del conflitto estetico generativo, che prende corpo dalla nostra possibilità di raffigurare l’assenza (il disegno di un albero non è un albero) in modi innumerevoli, tenuti insieme e al tempo stesso separati dalla diversificazione e dalla moltiplicazione. L’impresa del vedere connessioni e del differenziare è tanto artistica quanto scientifica. È il nesso tra arte e scienza su cui insisteva Aldo Giorgio Gargani: nesso sostenuto dall’aspirazione alla presentazione d’insieme (la Übersicht di Goethe e Wittgenstein), che è una modalità della tensione rinviante di cui scrive Ugo Morelli.