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Monique Selz, Il pudore

Einaudi, Torino, 2005.

Recensione di Antonio Castagna


copertinaEsistono temi di ricerca e di studio capaci talvolta di posizionarsi all’incrocio tra dimensioni diverse della nostra esistenza. Così facendo, attivando contributi provenienti da molteplici discipline, riescono talvolta a rivelare punti di vista inediti su una molteplicità di questioni sulle quali sembrava a tutta prima difficile riflettere complessivamente.
Il breve libro di Monique Selz, Il pudore , ha questo merito.
Il libro parte da una domanda sull’attualità di un valore apparentemente vecchio come il pudore. L’autrice, psicanalista e psichiatra di professione, ci propone di allargare lo sguardo. Infatti l’associazione tra pudore e controllo delle pulsioni sessuali ha portato, storicamente, a sottovalutare la sua necessità nella costruzione dell’alterità e nel processo di identificazione degli individui. L’ipotesi della Selz è che “il pudore costituisca un limite fra gli individui e stia a dimostrare l’esistenza di un luogo interno del soggetto, requisito della sua libertà, ossia del suo pieno sviluppo individuale all’interno della collettività ”.
Il concetto chiave è quello di limite che, permettendo la definizione di uno spazio tra gli individui ne consente anche la distinzione, condizione necessaria alla costruzione di un’identità complessa e responsabile, capace cioè di stare nel gioco di relazioni che dà vita alla dimensione collettiva dell’esistenza umana.

La modernità è stata caratterizzata dalla nascita dell’individuo e con questo, con la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino dalla nascita della democrazia. Accanto a questo, la psicanalisi e Freud hanno permesso di istituire una sfera individuale autonoma. La riduzione dell’individuo a consumo erode quello spazio che permette insieme il riconoscimento dell’altro e di sé come individuo.
Il pudore, sentimento e comportamento insieme, ha a che fare con la vergogna dell’altro, o con la vergogna causata dall’altro. In quanto tale implica e fonda la presenza e la stessa possibilità dell’altro, creando uno spazio riflessivo per l’individuo. Nel secondo capitolo, per esempio, Selz si sofferma a lungo sull’amore, desiderio di annullare le distanze, di fusione, che però vive proprio nel riconoscimento dell’altro come limite. “Dunque il pudore, attestando l’esistenza del corpo sessuato dell’uomo, ma anche delle sue capacità riflessive e di linguaggio, rivela la sua umanità, differenziandolo da tutti gli altri esseri viventi, fra i quali vergogna, pudore e castità sono assenti”. “È chiaro allora che bisogna separarsi per amare, ma non c’è dubbio che bisogna anche essere sufficientemente in grado di perdere se stessi nell’altro – senza però che tale perdita sia totale – per amare e per vivere”. (96).

Sarebbe proprio l’erodersi di questo spazio, che riduce lo spazio dell’individuo, e in questo modo anche l’esercizio della libertà e della democrazia. Uno degli aspetti importanti del libro è la relazione che stabilisce tra una caratteristica individuale come il pudore e le ricadute nell’ambito della sfera pubblica. Tale collegamento pervade tutto il testo e nelle conclusioni l’autrice ne riassume il significato. “In contemporanea alla propria azione fondante nell’istituirsi del soggetto, il pudore garantisce la costruzione di un rifugio per il sé e assicura la salvaguardia dell’integrità individuale e collettiva. Riveste quindi un ruolo essenziale nel modo in cui si elabora il futuro della società e il suo ruolo sociopolitico è primario. Il vincolo, ineliminabile, legato all’appartenenza dell’individuo a un insieme molteplice, rende l’evoluzione di ciascuno tributaria di quella del gruppo e viceversa. Ciò impone al soggetto di lavorare simultaneamente per se stesso e per il gruppo. È appunto in questa irriducibile articolazione, alla congiunzione fra singolare e plurale, che si colloca il luogo di esercizio e di manifestazione del pudore.
La constatazione pone inevitabilmente il problema della pratica della democrazia. Non è più possibile pensare che quest’ultima autorizzi a lasciar dire di tutto e a tutto mostrare. Se la libertà è il principale fra i motti repubblicani, è fondamentale interrogarsi sulle condizioni del suo esercizio. Se è un bene collettivo allora ognuno deve impegnarsi per difenderla”. (129).


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