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Conflitto intrapsichico. Il teatro interno

di Carla Weber

La multidimensionalità intrapsichica, le tante presenze cioè che portiamo dentro di noi e che ci fanno essere quello che siamo, il fatto che non possiamo definirci se non nell’incontro con l’altro da noi, rende l’esperienza conflittuale costitutiva dell’esistenza stessa.
Ma non sono la molteplicità e la complessità delle istanze a confronto di per se stesse ad istituire quel conflitto intrapsichico che blocca, destabilizza, mette in ansia, fa soffrire, ma piuttosto è la riduzione di quella complessità ad un esito unico, fisso e obbligato.
Il conflitto intrapsichico emerge ogni volta che siamo in un corto circuito che mette in confusione e fa diventare ciò che è mezzo un fine dell’azione.
La ricerca di sicurezza, di stabilità, di integrità del sé in certa misura è condizione necessaria per sentirci capaci di pensare, fare e amare. Quando però questa ricerca di sicurezza e stabilità. diventa invece il tutto, il fine esistenziale costantemente perseguito può diventare un vincolo che blocca la propria possibilità e capacità di vita. La tensione al controllo dell’ignoto e dell’incertezza e la ricerca di integrazione del proprio mondo interno prende spazio nella scena intrapsichica e a volte immobilizza in una condizione scissa o anaffettiva.
È alla possibilità di aprire qualche fessura, spiragli di luce o vie di decantazione ad angosce profonde sigillate, coese in blocchi muti che fa riferimento lo sviluppo di una relazione terapeutica. Imbattersi nelle manifestazioni proprie del conflitto intrapsichico segna il terreno fertile sul quale la relazione terapeutica può crescere e generare l’inedito.

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