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Semiosi

Semiosi è il processo in cui qualcosa funziona come segno. Il termine deriva dal greco Semeion che significa “segno, segnale, indizio” con tutte le sfumature semantiche che questi vocaboli comportano; fin dalle prime occorrenze in cui compare, il termine è sempre connesso alla capacità di conoscere qualcosa.
Lo studio della semiosi ha sempre caratterizzato la storia della filosofia dagli Stoici ad Aristotele, da S. Agostino a Locke, ma solo nel Novecento è diventata una disciplina autonoma. Secondo alcuni autori (Peirce, Eco) il processo di semiosi (o semiotico) ha a che fare con qualsiasi cosa possa essere assunta come segno e quindi la definizione di semiosi non può prescindere da quella di segno.
Che cos’è un segno? Quali sono le sue caratteristiche?
In primo luogo dobbiamo sottolineare che sono considerati segni sia l’alfabeto, i segnali militari, i segnali stradali ecc - che sono codificati e prodotti volontariamente - sia tutti quei sintomi o comportamenti che non sono emessi intenzionalmente e prodotti artificialmente. Sono considerati segni quindi anche i sintomi di una malattia, le tracce di un animale, il fumo che segnala la presenza del fuoco ecc… e tutti quei casi in cui un emittente non è cosciente di stare emettendo messaggi all’indirizzo di un destinatario.
In secondo luogo l’idea di segno non è fondata sull’uguaglianza, sulla correlazione fissa stabilità dal codice, bensì sull’inferenza, sull’interpretazione. Il segno, anche in origine, non risponde al modello “ab” , ma al modello “se ‘a’ allora…”. E’ un processo di natura ipotetica, sempre incerto e fallibile. Perciò il segno non è solo qualcosa che sta al posto di qualcos’altro, ma – afferma Peierce -il segno è ciò che ci fa conoscere sempre qualcosa in più (CP 8.332).
Studiare la semiosi significa quindi studiare come e perché comunichiamo. E non solo: studiare la semiosi e il linguaggio significa studiare noi stessi. Non basta dire che noi abbiamo un linguaggio, noi siamo linguaggio. «Poiché l’uomo può pensare solo per mezzo di parole o di altri simboli esterni – scrive Peirce – questi potrebbero volgersi a dire: “Tu non significhi niente che non ti abbiamo insegnato noi, e quindi significhi solo in quanto indirizzi qualche parola come l’interpretante del tuo pensiero”. Di fatto, dunque, gli uomini e le parole si educano reciprocamente: ogni accrescimento di informazione in un uomo comporta – ed è comportato da- un corrispondente accrescimento d’informazione di una parola…La parola o segno che l’uomo usa è l’uomo stesso…Così il mio linguaggio è la somma totale di me stesso…(CP 5.313).»
Un’ultima annotazione di natura epistemologica. Lo studio della semiosi non è mai neutro, “non assomiglia alla navigazione dove la scia del battello sparisce non appena la nave è passata, ma alle esplorazioni via terra, dove la traccia dei veicoli, dei passi, dei sentieri tracciati, entrano a modificare il paesaggio e ne fanno da quel momento parte integrante… Poiché la gente comunica, spiegare come e perché comunica oggi, significa fatalmente determinare il modo in cui e le ragioni per cui comunicherà domani (Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, p. 45)”. Un affermazione che vale quanto mai anche per lo studio dei conflitti: “poiché la gente confligge, spiegare come e perché confligge oggi, significa fatalmente determinare il modo in cui e le ragioni per cui confliggerà domani”.

Stefano Pollini

Semeion è il sintomo di una malattia o anche della guarigione presso i medici greci, oltre che in Diogene Laerzio 8,32: “i sintomi (semeia) di malattia e salute”. In quanto indizio che un animale è passato in un certo luogo dove ha fatto qualcosa, significa traccia: “non apparivano tracce (semeia) di presenza di belve, né di alcun cane in arrivo” (Sofocle., Antigone, 257 s.). In Erodoto 2,338 si narra che i sacerdoti egiziani esaminano le vittime sacrificali per controllare se presentano le caratteristiche (prokeimena semeia) stabilite per la loro idoneità, e qualora l’esame risulti positivo, imprimono sulla vittima un contrassegno (semaino ) specifico col loro anello e ordinano che ogni sacerdote che sacrifica un toro non marchiato (asemantos) sia condannato a morte.