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La paura è politica

di Ugo Morelli / scritto il 05-05-2008

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In un tempo in cui comanda la paura diviene perfino secondario chiedersi che cosa ci fa paura. A pensarci bene abbiamo soprattutto paura di coloro che hanno paura. Questa specie di corto circuito non lascia fuori nessuno e anche i luoghi dove la qualità della vita e il senso complessivo di sicurezza sono alti, come le realtà in cui viviamo, mettono al centro la fobia per qualcosa, non importa se vero o inventato.
Quando valutiamo o facciamo considerazioni a proposito delle condizioni di vita in cui viviamo, siamo ormai “ancorati” alla spiegazione dominante: il presente fa paura, e a quella immediatamente successiva: per questo ci sono dei precisi colpevoli. Ogni orientamento culturale, ogni sapere o modo di vedere e pensare resistono al tempo in ragione della loro efficacia. Quell’efficacia dipende seriamente dai rinforzi che riceve dal potere e dai modi di esercitarlo nelle società di appartenenza. Il potere oggi è in buona misura informazione e comunicazione. Per queste ragioni è difficile comprendere il presente e i modi di pensarsi e di pensare senza considerare come si costruisce ogni giorno l’immaginario delle persone e quale influenza esercita l’informazione sugli orientamenti. Vi sono alcune parole che meglio di altre dicono come siamo messi: certamente la parola “paura” di cui ci stiamo occupando, che si propone quasi sempre insieme alla parola “sicurezza” e quest’ultima è accompagnata saldamente dalla parola “fortuna”. Non è difficile riconoscere le conseguenze che la maggior parte delle persone ne trae facendo più o meno il seguente ragionamento: il presente mi fa paura soprattutto perché gli stranieri mi tolgono la sicurezza e perché c’è la crisi economica; quindi per avere possibilità di successo nella vita ci vuole la fortuna e io non sono responsabile di quasi niente.
Siccome le cose non sono sempre state così puo’ essere utile chiedersi quando è iniziato questo modo di pensare. Si tratta di un modo di pensare che viene da lontano. Quelli che hanno memoria ricorderanno le serie televisive di J. R., per fare solo un esempio, e la semplificazione di ogni sfumatura nelle logiche “amico-nemico” o “fortunato-sfortunato”, dove la solidarietà civile, i principi di società giusta e di responsabilità civile venivano derisi. Così come ricorderanno che nel momento della caduta del muro di Berlino, mentre il mondo cambiava, le principali reazioni erano a coltivare la coscienza trentina o altoatesina e poco o nulla la coscienza planetaria e il comune destino.
La riduzione dell’incertezza e dell’insicurezza dovrebbe costituire lo scopo di base di ogni azione politica. La distinzione riguarda i modi in cui ciò viene fatto. Soffiando sul fuoco e armando la paura, cercando i “nemici” e alimentando la paranoia per escluderli e eliminarli, o riconoscendo le responsabilità e educando ad una nuova trama di civiltà che sappia vivere in un mondo più complesso, più difficile ma anche più ricco di differenze?
Oggi più che mai dovremmo avere più paura per la libertà e tutelarla, che avere paura della libertà, la sola che ci può salvare.

(Ugo Morelli)