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Innovare rinunciando

di Ugo Morelli, Il Corriere del Trentino, 17 maggio 2005 / scritto il 17-05-2005

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di Ugo Morelli, Il Corriere del Trentino, 17 maggio 2005

In un bel film di qualche anno fa (Turista per caso), il protagonista diceva che, nel viaggio come nella vita, meno è quasi sempre meglio. La situazione attuale ci offre molte occasioni per riconoscere la difficoltà e l'importanza di questo pensiero.
Le nuove giunte comunali che si costituiranno nei prossimi giorni e nelle prossime settimane potrebbero cercare la via per cambiare qualcosa. Nelle scelte di governo dei sistemi locali, come negli orientamenti individuali, la questione si è fatta urgente. Per valorizzare le risorse e le capacità siamo di fronte alla necessità di scelte appropriate. Queste spesso richiedono, per la prima volta nella nostra esperienza, di diminuire e non di accrescere, di contenere e non di espandere.
La mentalità è però ancora ancorata all'aumento delle quantità come valore. In molti campi della nostra esperienza e delle scelte collettive sappiamo come ormai non sia sempre vero che "di più è meglio". Allo stesso tempo, però, non siamo ancora consapevoli che "meno è meglio". Eppure in termini logici e razionali per molte situazioni non vi sono dubbi. Mangiare e bere di più non è ritenuto meglio dalla maggior parte delle persone, anche se spesso ci comportiamo come quando c'era penuria di cibo e di bevande alcoliche. Consumare più acqua o più aria non viene più riconosciuto come un progresso nella maggior parte dei ragionamenti, ma stenta a divenire azione concreta, traduzione pratica.
Ancor più problematica si presenta la situazione per quelle abitudini che sono collegate a diritti e a espressioni della libertà individuale. In questi casi il benessere, inteso soprattutto se non esclusivamente come ricchezza economica, appare spesso troppo recente per essere già messo in discussione. L'automobile, ad esempio, è ancora un simbolo di status e di prestigio. Basti pensare al fatto che prendere la patente e avere l'automobile sono uno dei più importanti rituali di ingresso nella vita adulta, se non l'unico, nelle nostre società. Accade perciò che a livello di idee e riflessioni vi sia una sensibilità crescente per certi temi. A livello di effettivi comportamenti, invece, i cambiamenti sono scarsi o nulli.
La consapevolezza non basta per cambiare. Siamo troppo abituati ai cambiamenti per trauma. A cambiare, cioè, solo di fronte a qualcosa di visibile, immediatamente costoso e inevitabile. Altri tipi di cambiamenti, per apprendimento e per anticipazione, cioè preventivi, in parte non sono stati necessari fino ad ora, in parte sfidano le nostre caratteristiche emotive e cognitive.
Le mentalità hanno una durata maggiore della tecnica e dei processi socio-economici. E' successo per tante cose. Abbiamo usato, ad esempio, le armi sempre più potenti, fino a quelle autodistruttive, con la stessa logica della clava. Ne deriva che, di fronte a questioni di bene pubblico e comune, la strada del governo, delle scelte decisionali responsabili, deve intervenire sui comportamenti individuali. Accanto ad essa può fare molto l'educazione. Il capillare e attento processo di apprendimento dei singoli e dei gruppi può favorire orientamenti innovativi e scelte più appropriate, seppur in tempi lunghi.
Il problema principale sembra essere quello del consenso. Si sa però che, di fronte ad alcune questioni, ciò che si osa anticipare almeno in parte oggi, può premiare domani. Gli innovatori non godono quasi mai di una buona fama immediata, ma a loro è consegnato il futuro. E il futuro gli riserva riconoscimenti. Una posizione innovativa, fatta di rischio e responsabilità, potrebbe portare la politica a occuparsi della concretà realtà, affrontandone le contraddizioni. Un pò di coraggio, perciò, nei programmi politici delle nuove giunte comunali è un'aspettativa legittima in questi tempi di carenza di azioni e pensieri innovativi.

(Sabrina Taddei)

Fonte: Il Corriere del Trentino, 17 maggio 2005