base

home/conflict now

Cerca:

Crisi della politica e vacuità delle parole.

di Antonio Castagna / scritto il 01-03-2007

torna indietro

21 febbraio 2007, la scena è la seguente. A un certo punto di Matrix, su Canale 5, dedicato alla caduta del governo Prodi, Enrico Mentana chiede al Senatore Cesare Salvi, esponente della corrente minoritaria dei DS, se la crisi di governo avvicina o allontana la nascita del Partito Democratico. Salvi dice che naturalmente se ci si dedicasse di più al governo invece che a pensare a un nuovo partito, certamente il governo sarebbe stato più saldo. Antonio Polito, Senatore della Margherita gli ribatte prontamente dicendo che anzi, il Partito Democratico più grande e coeso ridurrebbe il peso degli estremisti, riportandoli a ragione e quindi garantendo una migliore governabilità. Naturalmente Paolo Cento, sottosegretario del Ministero dell’Economia ed esponente dei Verdi, si sente chiamato in causa e ribatte che il problema non sono gli estremisti, ma i centristi, che sono troppo di centro. Il siparietto dura circa due minuti, che in televisione sono moltissimi, e Mentana li lascia fare, sapientemente, perché dentro una scena come quella c’è tutta l’incapacità degli esponenti del Centrosinistra di definire il compito per il quale sono stati eletti. Se dovessi dire qual è il loro obiettivo dopo averli ascoltati a Matrix, direi che sostanzialmente sia continuare a difendere la propria posizione e la propria parte politica. Semplicemente l’obiettivo di governare, quindi di discutere per decidere, è scomparso dai loro orizzonti, trascinati da una domanda neanche troppo maliziosa. Una capacità di “tenere la barra” avrebbe detto Prodi, prossima allo zero. Il teatrino messo in scena dai tre, contrastava radicalmente invece con la saggezza di Wladimir Luxuria, chiamata in causa da Mentana subito dopo, la quale con grande pacatezza ha detto una cosa del tipo: “su una serie di questioni come le missioni di pace, i diritti civili, la politica economica, cos’è che mi assicura di avvicinarmi di più al mio obiettivo, votare una scelta condivisa, benché non ideale, o fare cadere il governo perché non è in grado di prendere decisioni per me ideali?” Mi è sembrato un buon senso degno di mia madre, capace di ridurre le questioni alla loro dimensione pragmatica e di confrontarsi a partire da oggetti precisi. Certo qualcosa si perde in questo pragmatismo, per esempio la permanenza in una zona di agio, dove le proprie convinzioni non hanno bisogno di confrontarsi con altre diverse e altrettanto legittime e soprattutto non hanno bisogno di mettersi alla prova dei fatti. Ne nasce una sorta di universo parallelo, fatto di parole che designano la realtà in modo autoreferenziale fino a perdere qualsiasi possibilità di attrito. Le affermazioni di Salvi, Polito e Cento, infatti, hanno in comune il fatto di non poter essere in alcuno modo sottoposte a prova, quindi falsificate, perché qualsiasi argomentazione si confronta con la sua controargomentazione evitando il confronto con l’oggetto di lavoro, in una spirale senza fine. È interessante vedere importanti esponenti del Parlamento italiano alle prese con una simile deriva di parole libere dal vincolo dei fatti, perché dice molto della crisi del governo Prodi come crisi generale della politica, cioè della possibilità di elaborare, attraverso il dialogo, i conflitti presenti nella società, trovando composizioni e accordi provvisori nelle decisioni di un governo.

(Antonio Castagna)