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Vivere come se piovesse

di Antonio Castagna / scritto il 13-11-2007

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Ascanio Celestini ha pubblicato su “Internazionale” del 26 ottobre 2007 (pp. 50-52), un articolo dal titolo “I precari non esistono”.
Si tratta di un pezzo che prende spunto da un suo documentario dal titolo “Parole sante”, prodotto da Fandango, nel quale Celestini racconta, attraverso le parole dei protagonisti, la vita dei precari del call center Atesia, noto in Italia perché lì per la prima volta è nato un coordinamento per richiedere il rispetto dei diritti dei lavoratori precari. Il call center si trova a Cinecittà, fermata della metro Anagnina. Nei pressi ci sono altri capannoni, centri commerciali, l’Ikea. A un certo punto dell’articolo Celestini si sofferma proprio su questa connessione tra precari del call center e mobili a basso prezzo. Apparentemente poter acquistare a basso prezzo è un sintomo di libertà, scrive, invece è una “prigione”, perché puoi fare solo quello, non hai scelta: “ci penso mentre passo davanti a quello sgorbio geometrico di cemento dove incontriamo i clienti dell’ipermercato che passeggiano e i precari che corrono verso la loro postazione telefonica. E penso a quello che si dice degli ingegneri che progettano gli ecomostri. È una leggenda, ma si parla sempre di gente che si è suicidata per il rimorso. Io invece credo che quello che riesce a progettare una macchina di tortura non ce li può avere i rimorsi. Il criminale che fa i calcoli per la bomba atomica, crede di essere uno scienziato, il progettista che disegna le case popolari si nasconde dietro all’architettura, il nazista che parla di razza si sente antropologo, il politico che discute di flessibilità spera di essere scambiato per economista. Tutti trovano un motivo valido. Dicono che era l’unico modo per fermare la guerra o che hanno solo rispettto gli ordini, si giustificano pensando che sia l’unica maniera per dare la casa agli sfrattati, per combattere la disoccupazione, per stare sul mercato. Nei convegni e sui giornali si dice spesso che il precariato è come la pioggia. E non puoi evitare che piova, puoi soltanto aprire l’ombrello. Ma è solo una figura retorica. Il criminale riflette solo marginalmente sul crimine che sta compiendo, il suo primo pensiero è l’alibi”.
Eccolo il punto. I criminali sono/siamo tanti, e ognuno di noi è alla ricerca di alibi. Quando ci sembra che le cose accadano come se piovesse, allora è il momento di preoccuparsi, perché lì non c’è conflitto, solo rassegnazione, o zelo esecutivo.

(Antonio Castagna)