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Religione: l'ora di non-dialogo nelle scuole

di Luca Mori / scritto il 29-09-2009

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Mi è capitato qualche anno fa di seguire alcuni progetti sul conflitto interreligioso, lavorando con cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, buddhisti e induisti di varia ispirazione. Tutti concordavano sul fatto che un vero dialogo è possibile soltanto nel riconoscimento della "pari dignità" e tutti, in effetti, a parole se la riconoscevano.
Molti, in modo più o meno esplicito, ammettevano che gli incontri interreligiosi solenni sono carichi di formalità più che di sostanza.
Il mio personale pregiudizio era questo: una religione che aspiri all'universalità e che contempli l'idea della conversione come missione non può strutturalmente ritenere che le altre religioni abbiano pari dignità, se non per finzione e in senso altamente metaforico. Ora il documento del prefetto della Congregazione vaticana per l'educazione cattolica, una lettera inviata ai presidenti delle conferenze episcopali va
nella direzione di quel pregiudizio: si dice esplicitamente che l'insegnamento nelle scuole non dovrebbe essere «limitato ad un' esposizione delle diverse religioni, in modo comparativo o neutro», ma dovrebbe insistere sulla religione cattolica. Altrimenti, il rischio sarebbe quello di disorientare e indurre al relativismo.
Tra gli altri, nella tesi del documento spiccano tre dispositivi:
1) la negazione della pari dignità: l’ora riguarda la religione e non le religioni; riguarda una religione che rifiutando l’esposizione paritetica a fianco delle altre lascia intendere la propria aspirazione a declinare il lemma “religione” al singolare
2) la presunzione di minorità: il ministro della fede presume che il proprio fedele (già acquisito o potenziale) debba essere “protetto” e “tutelato” da messaggi divergenti e contrastanti, perché altrimenti potrebbe perdere l’orientamento. La semplice esposizione della differenza relativizza e dunque è pericolosa: ne consegue l’attivazione di una procedura di tutela, che sorvola sulla questione del conflitto e
dell’autonomia e cautamente censura le altre religioni, somministrando
un’integrazione catechistica
3) la prerogativa del potere di esclusione: viene sancito il principio che, avendo il potere di farlo, è bene conservare il privilegio di non essere sullo stesso piano degli altri.
Eppure negli anni ho sentito molti sacerdoti cattolici dichiarare che l'ora di religione andrebbe trasformata in senso pluralista e nella prospettiva di una storia delle religioni.
Mi chiedo se all'interno della Chiesa si leveranno voci di reazione a quella direttiva. Dal Governo stanno già arrivando plausi e adesioni, seconda una logica prevedibile di armistizio compiacente. Ma la storia delle religioni è pericolosa. Come la filosofia: ricordo il mio professore di filosofia al Liceo, un sacerdote molto preparato, che mi metteva in guardia dallo studiare filosofia a un Università diversa dalla Cattolica, perché altrimenti avrei potuto correre dei rischi di sviamento.
L’ora di una religione è destinata ad essere un’ora di non-dialogo religioso e di diseducazione al conflitto.

(Luca Mori)