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Parole e democrazia

di Ugo Moreli / scritto il 10-02-2009

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Mentre apprendiamo dal Presidente del Consiglio italiano che gli immigrati contenuti nei CPT “non sono costretti”, o che ad una donna in coma da diciassette anni non si può sospendere “la fornitura di acqua e cibo”, ci viene da chiederci come comunichiamo tra noi e come facciamo a costruire le nostre convinzioni. Se siamo capaci persino di far dire alle parole il contrario di ciò che significano, il meno che possiamo fare è ripensare come funziona la nostra mente. Se parole adatte ad indicare la fornitura di calcestruzzo da parte di un impresario di una ditta milanese, vengono usate per parlare della somministrazione di cure ad una persona, senza che questo ci scandalizzi e ci faccia alzare in piedi per occuparci della nostra misera condizione, il meno che possiamo fare è cercare di svegliarci dal torpore in cui evidentemente siamo caduti.
La nostra capacità di pensare in modo autonomo è limitata da una nostra caratteristica evolutiva, che fa sì che prevalga in noi il bisogno di sicurezza. Per questo finiamo spesso per sottovalutare la fallacia di certi ragionamenti. La qualità specifica delle affermazioni del Presidente del Consiglio è che semplificano fenomeni complessi. Il risultato a cui mirano è la rassicurazione e dunque la riduzione della possibilità di mettere in discussione le scelte. L'esito è quello della riduzione della qualità della democrazia il cui obiettivo primario è quello di aumentare le possibilità di scelta.

(Ugo Morelli)