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Slavoj Zizek si interroga sul diritto per l’Iran di detenere o meno armi nucleari.

Slavoj Zizek, “Il Manifesto” di mercoledì 30 marzo 2005 / scritto il 04-04-2005

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Slavoj Zizek, su “Il Manifesto” di mercoledì 30 marzo 2005, si interroga sul diritto per l’Iran di detenere o meno armi nucleari. Zizek inquadra la questione dentro quella più ampia della minaccia implicita come parte costitutiva del potere degli stati. Il “potere classico funzionava in quanto minaccia che non si concretizzava mai, in quanto restava un minaccioso indicare”. Gli esempi sono quelli della guerra fredda, ma anche del rapporto attuale tra India e Pakistan, in cui, secondo Zizek, la minaccia reciproca ha permesso di mantenere la pace.
Nella guerra al terrore invece il nemico è invisibile, può colpire in qualsiasi momento e non aspetta altro che la buona occasione per colpire, il che retroagisce sul comportamento degli stati. “Con la guerra al terrore – scrive Zizek - la minaccia invisibile determina l'incessante concretizzarsi non di se stessa, ma dei provvedimenti contro di essa. L'attacco nucleare doveva restare una minaccia, mentre la minaccia dell'attacco terroristico innesca una serie infinita di attacchi preventivi contro i potenziali terroristi.” La vera minaccia ora, secondo Zizek, è determinata da questa situazione: “Il risultato paradossale di questa definizione del nemico come spettrale è, di riflesso, un inatteso capovolgimento: in questo mondo senza un nemico chiaramente identificato sono gli stessi Usa, quelli che dovrebbero proteggerci dalla minaccia, a emergere come il nemico principale”.
Da questo capovolgimento il filosofo sloveno fa derivare l’opportunità che paesi come l’Iran adottino la minaccia implicita come strumento per contenere “l’egemonia globale degli Stati uniti”.
La tesi è dura, ma ha il pregio di interrogarsi in modo pragmatico sulla pace e sulla guerra. La pace non è infatti considerata aprioristicamente come buona, ma come il risultato di interessi diversi, quindi di conflitti. Forse non permette di fare passi avanti a una teoria della pace, però costringe a confrontarsi con la dimensione del potere e con quella ad esso connessa della minaccia.
Tale approccio sembra riproporre il tempo dell’equilibrio del terrore come orizzonte. La domanda che potremmo farci diventa allora: esistono le condizioni per una diversa gestione del potere, dell’aggressività e della minaccia?

(Antonio Castagna)

Fonte: Il Manifesto

http://www.ilmanifesto.it