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Etica

di Ugo Morelli / scritto il 12-12-2011

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Esistono gli accumulatori di corrente e hanno una loro utilità. Esistono poi in ogni epoca gli accumulatori di ritardi rispetto al corso della storia e, mentre soddisfano le proprie ansie di difesa da ogni innovazione, provocano costi a volte molto onerosi alle società in cui vivono. Il meccanismo è noto: ogni cambiamento genera resistenze e difese e questo lo sappiamo tutti. Anche nella vita di ogni giorno, quando dobbiamo cambiare qualcosa, avvertiamo disagi e difficoltà. Se però su quel sentimento di disagio si soffia come su un piccolo fuoco, ne può derivare un incendio. Le paure si amplificano e le emozioni divengono di massa; la ragione finisce in secondo piano o scompare e ci mettiamo a ululare con i lupi, come ha scritto Sigmund Freud: quando un lupo ulula per qualche ragione anche futile, tutto il branco ululerà con lui. O, per dirla con Dante Alighieri, quando la prima pecora si getta nel burrone tutto il gregge le andrà dietro. Regrediamo a uno stadio in cui ci rimettiamo il meglio di noi: la capacità di farci domande ed esercitare il dubbio, stando a vedere cosa ci offre la realtà, caso per caso. Eppure se avessimo fatto così sempre, se l’atteggiamento che nega il cambiamento e l’innovazione fosse prevalso, nulla di quello che abbiamo fatto sarebbe stato possibile. È probabile che i primi che, circa dodicimila e cinquecento, tredicimila anni fa, al tempo della nascita dell’agricoltura, pensarono di rinunciare a mangiare un seme per metterlo a dimora furono molto criticati e osteggiati. Non deve essere stato facile convincere gli altri che un’attesa di mesi, in cui il seme sembrava perduto, avrebbe prodotto molti chicchi al posto di uno solo. È noto che la nascita dei comuni, in Italia come altrove, si misurò con le resistenze a integrarsi in un’istituzione comune, appunto, facendo confluire anche gli orientamenti religiosi sotto un solo campanile. Né, com’è noto, se la passò bene Galileo, quando dimostrò la tesi dell’eliocentrismo copernicano. Ci distinguiamo perciò, non perché non avvertiamo resistenze e difese al nuovo, ma per come le elaboriamo, cavalcandole con esiti populistici diventando accumulatori di ritardi, o riconoscendone le buone ragioni per andare oltre, verso i vantaggi che il cambiamento arreca. Tanto il cambiamento esiste e sta a noi la scelta di trasformarlo in innovazioni utili per noi. Se ci opponessimo accumuleremmo solo ritardi. Il corso della storia non saremo certo noi a fermarlo. Ciò vale per il campanilismo comunale che dovrà per forza di cose lasciare il posto a forme di governo integrate di scala più ampia, valorizzando la partecipazione dei cittadini; vale per le imprese cooperative del credito e non, che devono trovare forme organizzative più capaci di rispondere alle domande delle comunità di riferimento. Vale soprattutto per i nostri orientamenti civili e culturali: mentre leggiamo sui giornali di una grande direttrice di orchestra italiana, figlia di cinesi, o di un importante rapper italiano, figlio di tunisini, possiamo chiuderci in cantina o scoprire i vantaggi e la bellezza di essere cittadini del pianeta Terra. Etica è parlare dal luogo e dal tempo in cui si è.

http://www.ugomorelli.eu