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Francesco d'Assisi e la sfida del conflitto

di Claudio Fontanari / scritto il 14-05-2007

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Il nome di Francesco d'Assisi probabilmente suscita in molti di noi un moto istintivo di simpatia e di tenerezza e ci evoca la figura idilliaca del mite fraticello che percorre a piedi scalzi le dolci campagne umbre, predicando agli uccellini la sua traboccante letizia e rabbonendo perfino i lupi feroci con il suo amore contagioso per tutte le creature. Ispirati da questa poetica immagine di un mondo pacificato, ogni anno numerosi giovani credenti e non credenti si recano ad Assisi per immergersi nell'atmosfera incantata del luogo di origine del santo piu' celebre della cristianita' e per incontrare di persona i suoi attuali seguaci, i frati minori, che periodicamente organizzano corsi di formazione (rigorosamente gratuiti) per chi vuole conoscere meglio l'esperienza di Francesco o anche solo approfondire la propria spiritualita'.

L'organizzatore nonche' principale relatore di questi corsi si chiama padre Giovanni Marini, e' un frate ormai alle soglie della settantina che rivendica orgogliosamente le sue origini abruzzesi, con un fisico asciutto e vigoroso e due occhi mobilissimi e penetranti, allenati a dominare un uditorio e a scrutare a fondo un interlocutore. Padre Giovanni, che fra l'altro e' dottore in psicologia e competente cultore di neuroscienze, tuona per ore con inesausta energia contro la mediocrita' e la violenza del mondo contemporaneo, sviluppando l'assioma che la Bibbia non e' affatto un libro di devozione bensi' un manuale di altissima progettazione umana, e scherza sulla propria irruenza verbale ripetendo che si', il frate e' buono - quando dorme!

Inevitabilmente questo incontro mette in crisi per chiunque la tradizionale immagine edulcorata e tranquillizzante di San Francesco. Inoltre a chi come me ha letto con curiosita' il libro sui conflitti di Ugo Morelli non puo' passare inosservato un passaggio cruciale del discorso di padre Giovanni (cito a memoria): Gandhi e' un genio che ha sbriciolato l'Impero Britannico senza spargimento di sangue, dopo aver colto dalla lettura di "Il regno di Dio e' in voi" di Tolstoj l'essenza del cristianesimo come soluzione della conflittualita' umana. Il centro dell'esperienza di San Francesco e' la sua prassi di disinnesco della conflittualita' umana. Francesco d'Assisi e' il genio della non-violenza, urge che un erede di San Francesco inventi un approccio efficace ai conflitti che lacerano il mondo contemporaneo.

Ai miei orecchi attenti questa provocazione suona particolarmente interessante, cosi' di ritorno da Assisi cerco di approfondire la questione e scarico da internet il testo scritto alcuni anni fa da un altro francescano, padre Alain Richard, per la raccolta: "Strumenti Di Pace: Sussidio Francescano per la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato (1999). Leggendo lo stralcio che riporto qui di seguito non si puo' non riconoscere una consonanza non superficiale con il folgorante aforisma di Gino Pagliarani "La pace non e' pacifica" e con il pensiero ad esso soggiacente che Ugo Morelli ha coerentemente sviluppato nel suo saggio gia' citato.

Erroneamente alcune persone definiscono pacificatori "coloro che sono persone buone, che parlano piano, che vanno d'accordo con tutti". Gli psicologi ci dicono che alcune di queste persone accomodanti vanno d'accordo con tutti perche' sono spaventati dai conflitti, non per via del traboccare della loro pace con Dio. Francesco invito' i suoi frati a non entrare in dispute nella loro predicazione e ad essere gentili, pacifici, sottomessi, cortesi ed umili; queste sono caratteristiche fondamentali e devono essere parte integrante dell'essere frati minori. Tuttavia, questo non implica avere paura della verita', come Francesco che non rifiutava di essere provocatorio. Rispettosamente ma caparbiamente, egli resiste al papa e ai suoi consiglieri che vogliono mitigare la sua Regola;sfida i crociati e le loro azioni peccaminose; dice al sultano che non conosce il vero Dio; resiste ai suoi stessi frati che vogliono una vita meno dura; getta via le tegole del tetto del convento che disapprova; e al lupo di Gubbio mostra i suoi crimini senza alcuna ambiguita'. Francesco non e' un uomo lezioso. E' fermo e dice la verita' anche se e' dura da ascoltare; provoca, ma non minaccia. La sua mancanza di doppiezza e la sua forza cortese disarmano. Non solo rispetta la sacralita' del suo avversario, ma cerca di rendere gli avversari consapevoli della propria preziosita' divina che possono aver dimenticato o disdegnato.
Francesco puo' essere cosi' perche' non ha bisogno di difendere la sua proprieta', la sua reputazione o il suo io. Non ha nulla da difendere, eccetto l'onore e l'amore di Dio che desidera trasformare i violenti, e reintegrarli nella comunione che unisce tutte le creature, le "sue" creature. Francesco non e' sviato dalla veste di immoralita' e cattiveria; attraverso l'opacita' di tale copertura, Francesco vede in ogni persona la sacra presenza di Dio.
Inevitabilmente questa prospettiva, autenticamente cristiana e francescana, solleva un dubbio di fondo: e chi non e' credente come puo' vedere ed accogliere la presenza divina negli altri? Dal mio punto di vista di cattolico praticante, una rispostainequivocabile e' contenuta nel Vangelo secondo Matteo, dove si descrive in questi termini il cosiddetto giudizio universale:
"Allora il re dira' a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredita' il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perche' io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dira' loro: In verita' vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piu' piccoli, l'avete fatto a me".

(Claudio Fontanari)