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Conflitti di stile, conflitti di culture. Il mortifero e la gioia

di Ugo Morelli / scritto il 24-09-2008

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La condanna del signor Jaques Rogge, presidente del Cio e, quindi, delle Olimpiadi, suona (si fa per dire) così: “Bolt deve maturare, non è bello gesticolare in quel modo. Non è da campione. Dovrebbe limitarsi ad alzare le mani per salutare il pubblico e dare le pacche sulle spalle ai suoi avversari. Meglio ancora se non mimasse quel ‘prendetemi se ci riuscite’ ”. L’accusato è il “figlio del vento” giamaicano Usain Bolt, campione olimpico a Pechino nei cento metri, nei duecento metri e nella staffetta quattro per cento. L’accusa di Rogge è di quelle che meritano attenzione per l’analiticità della posizione espressa e per il conflitto che svelano. Rogge definisce come si esulta mostrando il protocollo occidentale degno delle migliori tradizioni militari e dei valori borghesi che con il colonialismo l’occidente euroamericano ha imposto al mondo. Non per niente Rogge indica i modi di esprimersi di un altro campione olimpico, l’americano Michael Phelps, come l’esempio da seguire. Le urla aggressive o le preghiere e i segni di croce, unitamente alle mille espressioni variamente superstiziose, purchè di codice occidentale europeo e giudaico cristiano, non impressionano Rogge. Un modo di intendere e praticare lo sport che lo associa spesso vistosamente a forme evidentemente militaresche viene identificato con la forma canonica non solo ammessa ma esclusiva di esprimersi. La bellezza della corsa e i gesti di Bolt in linguaggio evidentemente post-coloniale e spiazzante per l’occidente, non sollecitano la sensibilità di Rogge, ottusa dalla autoreferenzialità. Posta in termini di conflitto di stile e di cultura, una differenza così evidente può aiutare ad emanciparsi recispocamente. Posta in termini di giudizio autocentrato appare mortifera e incapace di accogliere inediti codici della gioia. Importante per noi occidentali è chiederci perché ci turba la travolgente gioia di Usain Bolt e cosa ci porta la scia della sua incantevole corsa.

(Ugo Morelli)