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Un redditizio mestiere: i sacerdoti dell'aldiqua

di Ugo Morelli / scritto il 04-12-2008

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Un nuovo tipo di professione di molto redditizia si aggira per i nostri lidi e gode di ampia risonanza pur continuando a dichiararsi emarginata e senza voce. Non è meno arrogante delle professioni di fideisti e baciapile, bigotti e clericali ad oltranza. Si tratta dei sacerdoti dell’aldiqua. A scanso di equivoci e non per evitare i loro strali sempre pronti e appuntiti sotto le mentite spoglie della laicità scientifica, chi scrive a nulla crede ma cerca di capire se stesso e gli altri e, soprattutto, cerca di ascoltare le tante domande conoscitive ed esistenziali che lo attraversano. La dichiarazione appena fatta non garantisce rispetto alle inquisizioni dei sacerdoti dell’aldiqua, pronti a sostenere che uno che scrive le cose che sto per scrivere o è un credente che mente; o crede e non se ne rendo conto; o è uno che non padroneggia razionalmente i propri pensieri; o è uno pagato dalle organizzazioni religiose di diverso tipo che esistono solo per occuparsi della loro produzione a stampa, copiosissima, o delle loro presenze ai festival internazionali e parrocchiali (pardon: di periferia). Tant’è. Come si sa è difficile confliggere con chi ha una fede, e lo scientismo è una fede, praticata non da chi fa ricerca effettivamente, con le persone o con la materia, con gli animali o con il cosmo, ma da chi parassita i risultati della ricerca e si trasforma in sacerdote della scienza. “ Si usano segni di segni quando ci fanno difetto le cose”, scrive Umberto Eco ne Il nome della rosa. La questione è in fondo molto semplice: senza l’ondata integralista e le reazioni oscurantiste alla paura di vivere nel mondo attuale, ai sacerdoti dell’aldiqua mancherebbe la materia prima. Senza i chierici attuali delle religioni, Ratzinger o simili, loro non saprebbero cosa fare. Sono altrettanto semplici i contenuti del contendere e la loro fallacia di base: la loro ossessione scientista per l’aldiqua non tiene conto che in base ad ogni osservazione, storica, antropologica, psicologica, ovunque vi è un essere umano vi sono domande fondamentali sulla vita e sulla morte. Le molteplici modalità di rispondere a quelle domande danno vita ad altrettante forme più o meno organizzate di credenze e tradizioni religiose. Il sacro è inscindibile da ciò che siamo e non è riconoscibile ciò che definiamo umano senza considerare l’esperienza del sacro. L’uomo privato della sua tensione verso la trascendenza non esiste. È un’invenzione fantasiosa. E qui si intende per trascendenza la caratteristica distintiva che porta noi esseri umani, in base alla nostra evoluzione naturale, a non coincidere con noi stessi e a cercare sensi e significati, soprattutto in ciò che ancora non c’è. I sacerdoti dell’aldiqua vivono in un pianeta che non è fatto delle donne e degli uomini emergenti dall’evoluzione naturale e dall’individuazione personale che ci fanno gli umani che siamo. Agganciata la redditizia restaurazione creazionista che infesta il nostro tempo, ci infestano a loro volta con una nuova forma di religione, lo scientismo, che è forse il peggior nemico della nostra possibile emancipazione attraverso l’ascolto di noi stessi e la critica della conoscenza che siamo in grado di produrre, mediante quell’impresa densa di dubbi, imperfetta e mai compiuta che è la scienza.

Ugo Morelli