base

home/conflict now

Cerca:

Moratoria della pena di morte: un salto di civiltà

di Ugo Morelli / scritto il 20-11-2007

torna indietro

Nella lunga traiettoria della civilizzazione, il fatto che la commissione ONU sia giunta ad approvare la moratoria della pena di morte il giorno 15 novembre 2007, rappresenta un salto di qualità di portata storica. La pena di morte si configura come una delle più potenti rimozioni e negazioni del conflitto. Identificare il male con un colpevole fuori di noi ed eliminarlo uccidendolo per legge è, infatti, una negazione suprema. Abbiamo la presunta gratificazione di ricondurre tutto il male all’altro che diviene il nostro definito antagonista. Ci rassicuriamo sul fatto che il male è esterno a noi e non dentro di noi. In tal modo evitiamo che il male che è anche in noi lavori in noi; ci propiziamo sicurezza esportando il nostro male interno nell’altro colpevole. Diveniamo solidamente ancorati alla divisione tra buoni e cattivi. La certezza si fa strada e ci sentiamo fatti di una sostanza assoluta e priva di ombre e di incertezze. Soprattutto ci separiamo dall’altro colpevole come se non appartenesse al genere umano e conveniamo per legge di ripulire la nostra realtà dal colpevole. L’altro diviene il magnete di ogni colpa fino alla spettacolarizzazione della esecuzione della pena. Con la moratoria questa euforia è temperata dalla depressione di scoprire che “nulla di ciò che è umano mi è estraneo”, per dirla con Terenzio prima e con Michel de Montaigne, dopo. “Siamo fatti della stoffa dei sogni e la nostra breve vita è cinta di sonno”, dice William Shakespeare, Non si salva la vita degli uomini attraverso la conoscenza ma è necessaria la presenza, in un mondo che richiede di essere riconosciuto e accettato. Soprattutto richiede di essere accettata la nostra fragilità. La scelta dell’ONU ci fa più civili e più responsabili, quindi più presenti a noi stessi e alla nostra distinzione umana.

(Ugo Morelli)