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Collegare Intrattenimeno e Difesa. Note su un documento per il Dipartimento della Difesa USA.

di Luca Mori / scritto il 23-06-2008

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Una curiosa coincidenza: nel 1895, l’anno della prima proiezione dei fratelli Lumière, Gustave Le Bon pubblicava la Psicologia delle folle, dove scriveva:

«Le folle, riuscendo a pensare solo per immagini, si lascian anche impressionare solo dalle immagini. Sono queste che possono terrorizzarle, o sedurle, e indirizzarle nei comportamenti. Ecco perché le rappresentazioni teatrali, le cui immagini risaltano in forma molto netta, hanno sempre enorme influenza sulle folle […]. Nulla colpisce l’immaginazione popolare più di un’opera teatrale. Tutta la sala prova nello stesso tempo le stesse emozioni, e se queste non si trasformano subito in atti, è perché lo spettatore più incosciente non può ignorare di essere vittima di illusioni, e di aver riso o pianto, assistendo ad avventure immaginarie» (trad. it.., Milano 1970, p. 99).

Trascorre un secolo e, nel 1997, la National Academic Press pubblica un documento intitolato «Modelli e Simulazione. La connessione tra l’entertainment e la difesa». Il documento, elaborato dal National Research Council in qualità di consulente del Dipartimento della Difesa statunitense, indaga la possibile interazione tra il Department of Defense USA (DOD) e l’industria dei videogiochi, che condividono il crescente interesse nella simulazione e nella “modellistica” di ambienti virtuali. Lunghe parti sono dedicate all’analisi delle applicazioni e alla rassegna delle tecnologie disponibili, ma qui ci interessano altri aspetti. Il DOD – si legge – può trarre giovamento dal ricorso alle simulazioni «per condurre esercizi di addestramento, valutare nuove dottrine e tattiche e studiare l’efficacia di nuovi sistemi d’armamento». Lo sviluppo di «sistemi immersivi» consente ai partecipanti, «sia giocatori che soldati» di «accedere in ambienti simulati e di navigarli». Il DOD e l’industria dei videogiochi dovrebbero cercare sinergie e condividere «prodotti, tecnologie, uomini». Riguardo a internet, si evidenzia anzitutto il comune problema dell’interoperabilità, cioè della «capacità di diversi sistemi di simulazione di lavorare insieme in modo significativo e coerente». Alcuni paragrafi trattano della creazione di riproduzioni digitali realistiche di esseri umani, «che appaiano, si muovano ed esprimano emozioni come le loro controparti reali». Va poi segnalata una considerazione sul ruolo dello spettatore, cioè l’idea che ci sia un «mercato potenzialmente ampio per fornire un’esperienza sostanziale e appagante di spettatore nell’universo dell’intrattenimento digitale»: s’immagina uno spettatore interessato a vedere come “giocano” gli altri, ma non necessariamente passivo, capace di partecipare come il componente «anonimo di una folla».
Ecco di nuovo, dunque, la folla. A questo proposito, nella vicenda c’è un risvolto meno evidente, ma decisivo. Il DOD è interessato a produrre «giochi di rete che permettano la partecipazione di centinaia di migliaia di giocatori» (vedi H. Jenkins, Cultura convergente, Apogeo, Milano 2006, p. 61). In effetti, il gioco in rete America’s Army, che è arrivato a superare i 2 milioni di utenti nel 2003, è stato inteso come possibile veicolo di propaganda, come mezzo «per inculcare valori» (ivi, p. 65), per diffondere un sentimento militarista, o almeno l’abitudine a calarsi di buon grado nei panni di un militare virtuale. Dal sondaggio di un’agenzia di marketing, sembra che America’s Army abbia effettivamente acceso o confermato la propensione militarista di giovani liceali e universitari. Ma nei vari forum collegati al gioco – oltre al tira e molla sullo spazio lasciato ai link a siti di “informazione alternativa” o contro-informazione – c’è chi ha raccontato (anche veterani realmente in Medio Oriente) l’ansia e la frustrazione della guerra “reale”. Lo strumento di propaganda ha così veicolato qualche anticorpo. Resta il fatto che il tipo di attori e di spettatori che il DOD e l’industria dei videogiochi immaginano – così disposti a immergersi nel virtuale prendendolo per reale – è un interessante obiettivo per la sperimentazione di nuove tecniche di propaganda.

(Luca Mori)