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L'intolleranza religiosa. Di Martha Nussbaum - Global FP, dicembre 2004

Global FP - dicembre 2004 / scritto il 23-01-2005

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Certe volte le vecchie idee sono le più pericolose, e poche sono più antiche di quelle che sostengono l’intolleranza religiosa.
Purtroppo queste idee stanno acquisendo nuovo vigore. Nel 2002 gli indù, nella provincia di Gujarat, in India, hanno ucciso diverse centinaia di mussulmani con la collaborazione di ufficiali pubblici e della polizia. L’Europa ha recentemente sperimentato una preoccupante rinascita dell’antisemitismo, mentre l’attrazione verso forme radicali dell’Islam sembra essere in crescita nel mondo mussulmano. Anche il pregiudizio contro i mussulmani e la tendenza a equiparare l’Islam al terrorismo sono ormai troppo diffusi negli Stati Uniti. E così via. L’ intolleranza alimenta l’intolleranza, come le espressioni di odio accrescono le insicurezze esistenti e permettono agli individui di considerare i loro atti di aggressione come una forma di legittima autodifesa.
Sono due le idee che solitamente nutrono l’intolleranza e la mancanza di rispetto per la religione. La prima è quella di chi considera la propria religione come l’unica vera, mentre le altre sono ritenute false o moralmente sbagliate. Ma coloro che hanno questa convinzione possono anche pensare che gli altri culti meritino rispetto, per la devozione al proprio credo che dimostrano. Ciò che importa è che non facciano del male a nessuno. Molto più pericolosa è la seconda idea, secondo la quale lo Stato e i privati cittadini dovrebbero forzare gli individui ad aderire alla confessione religiosa considerata “giusta”. Questa è un’idea che sta prendendo piede persino in molte democrazie moderne. La riluttanza della Francia a tollerare i simboli religiosi nelle scuole e i ripetuti avvertimenti dello schieramento di destra indù alle minoranze in India, perché aderiscano alla loro cultura, sono solo due esempi recenti che inducono a riflettere. La rinascita di questo modo di pensare è una sfida difficile per le società liberali che si basano sulle idee di uguaglianza.
L’attrazione esercitata dall’intolleranza religiosa è facile da capire. Da tempi molto antichi, gli esseri umani sono consapevoli della loro debolezza di fronte ai bisogni importantissimi, come il cibo e l’amore. E della loro impotenza rispetto alla morte. La religione aiuta gli individui ad affrontare il senso di perdita e la paura della morte; trasmette principi morali e motiva le persone a seguirli. Nel nostro mondo sempre più in corsia di sorpasso, gli individui si confrontano con differenze etniche e religiose da nuove e inquietanti prospettive. Aderire a una religione che si ritiene essere quella giusta, circondarsi di seguaci dello stesso culto, e infine costringere gli altri ad accettare quella religione, può far dimenticare per un momento la propria fragilità. Le leggi giuste non sono sufficienti per combattere questo problema, che tocca le società nel profondo ed è strettamente collegato alla sfera dell’emotività. Le società moderne e liberali hanno da molto tempo capito l’importanza di norme costituzionali e di leggi che sanciscano un impegno nei confronti della libertà religiosa e dell’uguaglianza dei cittadini delle diverse religioni. Ma nonostante la codificazione sia essenziale, le costituzioni e le leggi non si realizzano da sole e sono impotenti, se non sono sostenute dall’educazione e dalla cultura.
Abbiamo bisogno, inoltre, di pensare come la retorica (e anche la poesia, la musica e l’arte) possa favorire il pluralismo e la tolleranza. I leader del movimento americano per i diritti civili hanno compreso il bisogno di questo tipo di sostegno: i discorsi di Martin Luther King jr. chiariscono come il linguaggio possa aiutare gli individui a immaginare l’uguaglianza e a interpretare la differenza come una fonte di ricchezza piuttosto che di paura. Durante la recente campagna elettorale in India, i leader del partito del Congresso, specialmente Sonia Gandhi, hanno trasmesso con le loro parole l’immagine di un’India profondamente pluralista (anche i versi dell’inno nazionale indiano, scritti dal poeta Rabindranath Tagore – noto per la sua tolleranza – celebrano le differenze etniche e regionali dell’India). L’odierna amministrazione statunitense ha fatto dichiarazioni utili sull’importanza di non demonizzare l’Islam, ma la retorica di certi funzionari chiave ha esaltato la religione cristiana in modo tale da indebolire la tolleranza. Il procuratore generale John Ashcroft, per esempio, chiede regolarmente al suo staff di cantare inni cristiani. Inoltre mentre era senatore in carica, Ashcroft definì l’America come “una cultura il cui unico re è Gesù Cristo”.
Per secoli, i pensatori liberali si sono concentrati su vie legali e costituzionali che conducessero alla tolleranza e hanno trascurato le emozioni e l’immaginazione dei cittadini. Ma i liberali trascurano la retorica pubblica a loro rischio e pericolo. Tutti gli Stati moderni e i loro leader comunicano la propria idea di uguaglianza o ineguaglianza religiosa attraversale scelte linguistiche e di immagine che operano. In una lettera ai Quaccheri del 1789, l’allora presidente George Washington affermò: “Gli scrupoli di coscienza di tutti gli uomini dovrebbero essere trattati con delicatezza e rispetto.” Una tale delicatezza oggi scarseggia. Se i leader non iniziano a pensare con attenzione a come usare il linguaggio per promuovere il rispetto, l’obiettivo dell’uguaglianza tra gli uomini sarà sempre a rischio.

(Sabrina Taddei)


Fonte: Global FP - Dicembre 2004