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La democrazia non è un the con pasticcini

Salman Rushdie, La Repubblica del 29 gennaio 2005 / scritto il 31-01-2005

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Salman Rushdie, su “La Repubblica” del 29 gennaio del 2005, commenta il varo, in Gran Bretagna, della legge che introduce il reato di “istigazione all’odio religioso”. Apparentemente è una legge che vuole proteggere le minoranze religiose e i musulmani in particolare. Secondo Rushdie però il vero risultato sarà quello di limitare la libertà di espressione. Ha imparato, proprio in Gran Bretagna, che il libero confronto implica il rispetto della persona, ma anche il diritto di arrivare fino alla villania contro le idee che non si condividono. Sacralizzare un sistema di idee, rendendolo immune dalla critica, significa rendere impossibile la libertà di pensiero. Scrive infatti: “È importante che la gente abbia il diritto di arrivare nella discussione al punto di offendere qualcuno. È inutile difendere la libertà di parola di chi professa opinioni che ci trovano concordi o che ci sono indifferenti. La difesa della libertà di parola inizia nel momento in cui l’interlocutore dice qualcosa di intollerabile. Se non riusciamo a difendere il suo diritto di dirlo, non crediamo nella libertà di parola. Crediamo nella libertà di parola solo finché non ci pesta i calli. Ma la libertà di parola i calli li pesta”.
Secondo Rushdie, questa legge si inserisce in una deriva dei sistemi liberali in cui la ricomparsa di istanze religiose ha finito per rimettere in discussione valori e diritti frutto dell’illuminismo. La questione pertanto è molto ampia e riguarda la nostra idea stessa di democrazia. Scrive: “Alla fine bisogna prendere una decisione fondamentale: vogliamo vivere in una società libera o no? La democrazia non è un the con la gente seduta a conversare garbatamente. Nelle democrazie le persone si arrabbiano, litigano, polemizzano con violenza (ma non si sparano)”.

(Antonio Castagna)

Fonte: La Repubblica, 29 gennaio 2005

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